
Dopo Genova e La Spezia, la cosiddetta congestion fee — un contributo economico volto a compensare i costi indiretti legati a ritardi, attese e disservizi nei porti — si estende ad altri tre scali italiani. Dal 3 giugno è entrata in vigore a Marghera, dal 16 giugno a Vado Ligure e dal 1° luglio è la volta di Livorno. La decisione è stata formalizzata tramite comunicazioni congiunte inviate alle rispettive Autorità di sistema portuale e alla committenza da parte delle principali associazioni dell’autotrasporto.
Secondo le associazioni firmatarie, l’introduzione della congestion fee è una misura inevitabile per far fronte a oneri e criticità sopportati dai soli autotrasportatori e il cui scopo è quindi redistribuire tali costi lungo tutta la filiera logistica, coinvolgendo anche altri attori, come spedizionieri, operatori logistici e terminalisti.
Tra le voci critiche rispetto a questa situazione vi è quella di Assologistica. “L’introduzione da parte delle imprese di autotrasporto dell’addizionale congestion fee applicata a tutti i trasporti,” commenta il segretario generale Jean Francois Daher, “se da un lato è finalizzata a compensare i costi indiretti legati ai ritardi e alle criticità operative, dall’altro rende ancora più critico un positivo sviluppo competitivo dell’operatività portuale colpendo proprio le imprese che investono e creano occupazione come i terminalisti portuali. Siamo pertanto preoccupati, perplessi e nettamente contrari all’iniziativa.”
Tuttavia il tema ha valenza più strutturale e sistemico. “La congestione nei porti – spiega ancora Daher - coinvolge non solo gli autotrasportatori, bensì tutti gli operatori della filiera, dagli operatori logistici ai gestori delle infrastrutture che lavorano coi porti. Il problema incide quindi sull'intera catena di approvvigionamento e sulla pianificazione dei trasporti a livello più ampio. Di qui la necessità di risolverlo in modo sistemico e complessivo”.