16/09/2021

Export, la ripresa c'è ma non per tutti e in egual modo. Lo dice il rapporto di SACE

Nel suo World Economic Outlook di aprile 2021 il Fondo monetario internazionale ha usato il termine “recover" 306 volte, “uneven" 15 volte; nella medesima edizione, ma del 2020, gli stessi termini erano conteggiati, rispettivamente, 61 e 4 volte. Il risultato, con ogni probabilità, sarebbe simile se si consultassero le analisi di altri maggiori previsori internazionali. L’uscita da crisi profonde, come quella pandemica, non è mai stata caratterizzata da un’eccessiva convergenza tra i Paesi, ma in questo caso la divergenza dei cicli economici osservata è del tutto peculiare. Ogni dubbio sul fatto che la ripresa sia in corso è stato ormai fugato; inizia a esserci anche un sempre maggiore consenso sulle sue principali caratteristiche, ma per le imprese che devono formulare le proprie strategie e piani commerciali sull’estero, l’estrema eterogeneità di questa ripresa non è semplice da decifrare.

 
L’export italiano è tornato su quel sentiero di crescita interrotto dalla crisi; un vero e proprio ritorno al futuro, in un contesto in cui tuttavia occorre avere ben chiare le coordinate delle opportunità a livello sia settoriale che geografico. Per questa ragione e senza alcuna presunzione, il Rapporto Export 2021 di SACE risulta essere una sporta di guida per le imprese nella lettura di questo scenario complesso, cercando di elaborare un’"anatomia" delle prospettive delle esportazioni italiane.

 


Nel 2021 il guado sta per essere superato

Il 2021 si dimostra, come atteso, un anno di transizione caratterizzato da un forte rimbalzo dell’economia mondiale, dopo la profonda recessione registrata lo scorso anno, grazie in particolare all’avanzamento dei programmi di vaccinazione e alla progressiva rimozione delle misure restrittive. Rimangono tuttavia potenziali divergenze nel ritorno alle dinamiche di crescita ante-crisi, con diversi Paesi che dovranno attendere almeno il 2022 per un pieno recupero del Pil. Tale eterogeneità è ascrivibile a una molteplicità di fattori, tra cui la capacità di gestione della pandemia, l’efficacia delle politiche adottate, oltre che le caratteristiche strutturali delle singole economie. A livello globale, da un lato, le politiche monetarie sono attese rimanere ancora espansive, nonostante le pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti e, in misura minore, anche nell’Eurozona; dall’altro, le politiche di bilancio continueranno a includere ingenti piani di stimolo orientati non solo verso il sostegno immediato a imprese e famiglie maggiormente colpite dalla crisi, ma soprattutto verso una ripresa di medio-lungo periodo resiliente, inclusiva e sostenibile.


Gli scambi globali ritornano a crescere

Il commercio internazionale di beni in volume mostra una ripresa robusta nel primo semestre dell’anno attribuibile soprattutto a un effetto base favorevole, dopo il calo dello scorso anno, nonché a solide condizioni di domanda in tutti i principali raggruppamenti di beni. Nonostante i colli di bottiglia sul lato dell’offerta in alcuni settori, collegati a criticità prevalentemente di natura temporanea nella logistica e nell’approvvigionamento delle materie prime, gli scambi internazionali di merci cresceranno nel 2021 di circa il 10%, un ritmo di espansione molto vicino al tasso registrato nel 2010. Dopo aver segnato una contrazione del 35% lo scorso anno, con effetti particolarmente negativi nelle economie mature, i flussi mondiali di investimenti diretti esteri seguiranno invece prospettive di ripresa più incerte e sarà necessario attendere la fine del 2022 per assistere a un pieno ritorno ai livelli pre-crisi.



 


Per l’export italiano, netto ecupero dei beni, più critica la situazione dei servizi

Nel nostro scenario base – quello a maggior probabilità di accadimento – le esportazioni italiane di beni in valore cresceranno quest’anno dell’11,3%, in rialzo rispetto alle nostre precedenti previsioni e più che compensando quanto “perso" nel 2020. Un recupero, questo, migliore rispetto a quanto previsto dal modello per i nostri principali peer europei e che consentirà all’Italia di mantenere invariata la propria quota di mercato mondiale anche nel 2021. La dinamica delle nostre vendite all’estero si manterrà, anche nel triennio successivo, più accentuata rispetto ai tassi pre-pandemia. Quest’anno rimarrà invece soltanto parziale il recupero dell’export italiano di servizi (+5,1%), maggiormente colpito - specie nella componente del turismo - dalle misure restrittive e dalla persistente incertezza. La vera e propria ripresa avverrà solamente nel 2022.

 

 

Esportazioni made in Italy: i settori ripartono a velocità variabili

La dinamica attesa per i settori del nostro export nel 2021 e negli anni successivi è diversificata, così come accaduto con la flessione registrata nel 2020. I beni di consumo - che lo scorso anno hanno riportato il calo più marcato, come conseguenza del minor reddito disponibile e dell’elevata incertezza che ha indotto le famiglie a una maggiore propensione al risparmio – quest’anno non riusciranno ancora a recuperare pienamente, complici le persistenti difficoltà del tessile e abbigliamento, in parte bilanciate dalle prospettive leggermente più favorevoli per altri consumi e prodotti in legno. Mantenendo una quota preponderante sull’export italiano, i beni di investimento supereranno i valori del 2019, sulla spinta di apparecchi elettrici e meccanica strumentale, che beneficeranno dei piani di rilancio varati da diversi partner commerciali, e dell’automotive, grazie soprattutto all’impulso green. La ripresa del ciclo degli investimenti globali potrà inoltre favorire anche alcuni beni intermedi, specie metalli e gomma e plastica; proseguirà la crescita della chimica, dopo aver chiuso il 2020 in positivo con il forte traino della farmaceutica. Continuerà a confermarsi positiva anche la performance del raggruppamento agroalimentare, sostenuto lo scorso anno dai prodotti legati al consumo domestico e quest’anno dalla ripartenza del canale legato all’ospitalità. 

 

 

Differenti strade di ripresa nei mercati di sbocco del nostro export

L’export italiano seguirà nel 2021, e negli anni successivi, sentieri di rapida ripresa e crescita in alcuni mercati, di mero recupero del terreno perso nella crisi in altri e di risalita più lenta in altri ancora. I nostri principali partner commerciali sono stati suddivisi dalla ricerca di SAVE in quattro gruppi, in cui convivono destinazioni già consolidate e altre tuttora poco presidiate, in funzione della capacità di ripresa del nostro export e dell’intensità della sua dinamica nei prossimi anni.

Il primo raggruppamento include quei Paesi dove le vendite di beni italiani sono attese in rapida ripresa già nel 2021 e con una dinamica intensa anche nel triennio seguente. Tali geografie figurano anche nella lista dei Paesi strategici della cabina di regia per l’internazionalizzazione e comprendono, oltre ad alcuni importanti partner come Stati Uniti, Germania e Svizzera, anche Cina e diversi mercati dell’Asia pacifico, nonché Polonia ed Emirati Arabi Uniti. Le peculiarità di mercati molto vasti come quelli degli Stati Uniti e della Cina sono altresì approfondite in chiave sub-nazionale, con l’obiettivo di evidenziare meglio alcune differenze dei diversi Stati americani e delle province cinesi in termini industriali e di capacità di reddito e quindi di opportunità per il nostro export.
Per le geografie del secondo gruppo il recupero sarà completo già nell’anno in corso, ma seguirà una dinamica più contenuta negli anni successivi. Tra di esse si annoverano alcuni mercati di sbocco dipendenti dai corsi delle materie prime (come Brasile, Arabia Saudita, Malesia e Ghana), nonché altre destinazioni europee (ad esempio Francia, Paesi Bassi) e non solo (tra cui Senegal). 
Tra i Paesi accumunati da un recupero dei valori pre-crisi ancora incompiuto nel 2021, pur mostrando buone prospettive di crescita in un orizzonte temporale più ampio, vi sono Regno Unito, Spagna, Turchia, Messico, India, Sudafrica e Thailandia, seppur per motivi diversi tra loro e per i quali lo studio tenta di fornire spunti analitici. 
Maggiori criticità nella ripresa si riscontrano, infine, nell’export verso quei mercati che scontano, in alcuni casi, fragilità economiche e politiche, in altri, gli effetti depressivi della domanda derivanti dalla pandemia. Fra di essi sono presenti, ad esempio, Romania, Grecia, Argentina e Sri Lanka.


 


La persistente incertezza induce a formulare ipotesi alternative

In un contesto di incertezza ancora elevata, seppure in calo, è quanto mai necessario simulare scenari di previsione alternativi, ovvero basati su assunti differenti rispetto a quelli dello scenario base, in relazione a importanti variabili che trainano la ripresa economica mondiale, come la fiducia di imprese e famiglie o la campagna vaccinale, cercando di quantificarne gli effetti sulle esportazioni italiane. In questo senso, un primo scenario alternativo, con probabilità di accadimento del 25% circa, si basa su ipotesi migliorative legate a una spinta positiva al clima di fiducia globale, che porterebbe le famiglie a spendere a un ritmo ancora più rapido i risparmi accumulati durante le fasi critiche della pandemia con effetti benefici, di riflesso, per le imprese. In questo scenario, la crescita delle nostre esportazioni risulterebbe più intensa sia nel 2021 che nel 2022 (nell’ordine, +3,4 e +3,7 punti percentuali rispetto al baseline). È opportuno tuttavia considerare anche potenziali rischi al ribasso derivanti da una eventuale minore efficacia delle vaccinazioni (a fronte di nuove varianti del virus), con ripercussioni negative sulla fiducia delle imprese e delle famiglie vincolate da un possibile ritorno di misure restrittive. Su questa base ipotetica è stato quindi elaborato un secondo scenario alternativo - la cui probabilità di accadimento appare nell’ordine del 10% circa - che delinea un quadro in cui la crescita delle nostre esportazioni sarebbe più limitata quest’anno e pressoché nulla nel 2022.

 

 
Investimenti e riforme: le potenzialità del PNRR e i benefici per le imprese italiane

Nonostante il nostro scenario base includa già gli effetti degli investimenti pubblici previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), è stato condotto un ulteriore esercizio al fine di valutare gli impatti economici di una piena realizzazione delle riforme strutturali annunciate e del loro mantenimento in un orizzonte di medio periodo. Sulla base di queste ipotesi, l’intensità della crescita del Pil italiano sarebbe più marcata lungo l’orizzonte di previsione, soprattutto nell’ultimo triennio; nel 2025 l’output nazionale aumenterebbe significativamente del 2,7% rispetto al modello base, come riflesso delle riforme volte ad accrescere la produttività dei fattori, con ricadute positive sul Pil potenziale. Questa maggiore crescita sarebbe trainata da un’ulteriore spinta degli investimenti, sostenuti da un contesto istituzionale e regolatorio maggiormente efficiente e competitivo, con condizioni finanziarie più favorevoli grazie anche alla minore incertezza delle condizioni di domanda. In questo contesto, SACE può giocare un ruolo nell’attuazione degli investimenti previsti dal Piano attraverso il suo mandato di intervento, recentemente ampliato, su progetti strategici per il Paese e investimenti nel green, con linee di firma a garanzia delle diverse fasi di esecuzione delle commesse, oltre che creando spazi per schemi di partnership pubblico-privata. Le riforme strutturali del PNRR incrementerebbero anche la competitività delle imprese italiane attive sui mercati esteri: il livello delle esportazioni di beni, in valore, nel 2025 aumenterebbe infatti del 3,5% rispetto a quanto previsto nello scenario base, rappresentando un ulteriore stimolo alla crescita dell’economia italiana. 

 

 

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