21/05/2018

L'economia marittima secondo il segretario della Federazione del Mare

Intervenendo al simposio "Il ruolo del mare nell'economia nazionale e la tutela degli interessi marittimi del Paese" organizzato dal Ce.S.I. Carlo Lombardi, segretario della Federazione del Mare ha dichiarato: “L’Italia è una potenza manifatturiera povera di materie prime, i cui approvvigionamenti giungono per lo più via mare, una terra in gran parte peninsulare, con molte isole e città costiere, il cui sviluppo non ci sarebbe stato in passato, e non ci sarebbe oggi, senza l’impronta delle attività marittime sulla loro realtà sociale ed economica. Visto il peso dell’economia marittima nel nostro Paese l’auspicio ribadito dalla Federazione, che riunisce le principali organizzazioni del sistema marittimo, è quello che le Istituzioni possano in prima istanza rafforzare la Direzione generale per la vigilanza dei porti e trasporto marittimo e poi dare luogo a un ministero dedicato o un’unità specifica con poteri di coordinamento (agenzia o segretariato del Mare, ad esempio, eventualmente presso la presidenza del consiglio), in modo che una catena di comando ben integrata porti a una maggior efficacia nell’adozione politica e nell’attuazione legislativa e amministrativa delle decisioni in campo marittimo, e sia in grado di farlo in tempi conformi agli standard europei e internazionali, caratteristici di questo mondo". 



I NUMERI DELL’ECONOMIA MARITTIMA 
Secondo l’ultimo Rapporto sull’economia del mare (il V) realizzato assieme alla Fondazione Censis, il valore dei beni o servizi prodotti dalle attività marittime, il cui insieme è definito dal termine di cluster marittimo, è di 33 miliardi di euro, pari al 2 per cento del Prodotto interno lordo complessivo e al 3,5 per cento della sua componente non statale, con una occupazione complessiva di 470mila addetti, tra diretti e indiretti. Il trasporto marittimo serve il 90% del commercio mondiale, commercio che nell’ultimo decennio è cresciuto da 6 a 10 miliardi di tonnellate e salirà nel 2030 a 17 miliardi. Ciò significa che l’integrazione tra le varie aree del pianeta e il loro sviluppo, che sta portando a un incremento del reddito medio anche nel terzo e quarto mondo (e alla fuoriuscita di molti paesi da situazioni di povertà insostenibili), non sarebbero possibili senza il trasporto marittimo di materie prime, di merci alimentari, di beni semilavorati e finiti. In questo contesto, la protezione delle linee marittime e del libero commercio ha un’importanza strategica evidente. Particolarmente importante è la navigazione mercantile per l’Italia, che riceve via mare quasi la totalità delle materie prime per la nostra industria manifatturiera (nel 2016, 200 milioni di tonnellate). Quella italiana è anzitutto una economia di trasformazione, dove le materie prime arrivano da fuori (per lo più da altri continenti) per essere qui processate in semilavorati e prodotti finiti e quindi destinate ad altri mercati in Europa e nel mondo (nel 2016, 70 milioni di tonnellate). A ciò si aggiunge il trasporto interno di merci, che si situa oggi sui 95 milioni di tonnellate. Complessivamente, nei porti italiani le linee di navigazione internazionali e di cabotaggio hanno movimentato nel 2016 oltre 480 milioni di tonnellate: 180 milioni di merci liquide alla rinfusa, 70 di rinfuse solide, 230 milioni di merci varie (di cui, 95 milioni su rotabili e 115 milioni in container). Oggi la flotta mercantile di bandiera italiana è tra le principali al mondo (la 3a dei grandi Paesi riuniti nel G20) e si situa intorno ai 16 milioni di tonnellate di stazza, con posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati (ro-ro, navi da crociera, navi per prodotti chimici). Il nostro Paese mantiene la leadership europea nel traffico crocieristico (con 4.600 scali di navi e 6,2 milioni di passeggeri) e nella costruzione di navi passeggeri e motor-yacht di lusso.
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