
Presentata nel 2023, la direttiva Green Claims mirava a regolamentare l’uso di etichette e dichiarazioni ambientali come eco-friendly, carbon neutral o plastic free, imponendo alle aziende l’obbligo di dimostrare con dati tecnici e verificabili la validità di tali affermazioni. L’obiettivo era duplice: proteggere i consumatori e incentivare una comunicazione più trasparente sulla sostenibilità.
Il testo, arrivato alla fase del trilogo (negoziati tra Commissione, Parlamento e Consiglio UE), sembrava vicino all’approvazione. Tuttavia, il 20 giugno 2025, la Commissione ha sospeso le riunioni previste per finalizzare l’accordo. A renderlo noto è stato il portavoce dell’esecutivo UE, Maciej Berestecki, dichiarando: “Posso dire che nel contesto attuale, in effetti la Commissione europea intende ritirare la proposta di una nuova legge sulle dichiarazioni ambientali.”
In nodo critico delle microimprese
Tra le principali criticità emerse nel dibattito, una riguarda l’applicazione della direttiva alle microimprese. Proprio un emendamento che estendeva i nuovi obblighi anche alle aziende più piccole ha sollevato forti opposizioni, in particolare dall’Italia e da altri Paesi con un tessuto imprenditoriale dominato da PMI.
Il timore è che regole troppo rigide o complesse possano scoraggiare comportamenti sostenibili, soprattutto tra le imprese di piccole dimensioni. Invece di promuovere pratiche green, l’eccesso di burocrazia potrebbe portare le aziende a rinunciarvi, per evitare costi e sanzioni.
Non è un caso che nelle settimane precedenti alla battuta d’arresto, anche il Partito Popolare Europeo avesse chiesto una revisione del testo, giudicato troppo gravoso per le microimprese.
Un dietro-front che riapre il dibattito
Il ritiro della proposta rappresenta un passo indietro importante nella lotta contro il greenwashing. Ma la partita non è chiusa: è probabile che la Commissione riveda il testo per trovare un compromesso più equilibrato tra tutela dei consumatori e sostenibilità economica delle imprese, in particolare le più piccole.
Nel frattempo, il vuoto normativo rimane. E resta aperta una domanda cruciale per il futuro del Green Deal europeo: come conciliare trasparenza ambientale e semplificazione per le imprese, senza sacrificare l’efficacia delle politiche ESG?