27/09/2013

PMI e start-up, quell'abbraccio vincente

La crisi fa male. La crisi fa bene. Ecco qua sintetizzato un pensiero che piacerebbe tanto a certi yogi e spiritualisti d’Oriente, secondo i quali quel che conta è solo l’esperienza e quanto essa contribuisce all’evoluzione di persone e popoli. Al di là di queste considerazioni teoriche, un fatto è certo: in tempo di crisi non si può stare solo fermi, occorre darsi da fare per consentire a soluzioni del passato di cedere il passo al nuovo. E nonostante i molti detrattori del nostro Bel Paese, anche da noi le cose si muovono e il nuovo – comunque – avanza. Un esempio? L’emergere e il diffondersi di un nuovo modello di business, basato sulla collaborazione stretta (meglio ancora su una sorta di “adozione") tra piccole e medie imprese da una parte e società start up dall'altra. Da una parte la sicurezza di chi ha tanta esperienza imprenditoriale alle spalle, dall’altra la genialità e la freschezza dei progetti che hanno nell’innovazione il loro fondamentale punto di forza. PMI e startup dunque sempre più “insieme" per cercare strade alternative e soluzioni inedite per rinnovarsi o partire pur con risorse limitate, tipiche dei momenti critici. Il modello è inedito, ma sembra portare benefici a tutti i giocatori in campo, con soluzioni “win-win". Per un’impresa già avviata, infatti, “adottare" e accogliere una startup vuol dire in primis aprirsi a progetti innovativi, spesso a giovani professionisti con inedite competenze tecniche, manageriali, tanto entusiasmo e voglia di fare, ma anche accollarsi costi inferiori rispetto a un investimento classico in ricerca e innovazione. “È come avere un reparto di ricerca e sviluppo che arriva dall’esterno ed educa gli imprenditori ad aprirsi alla contaminazione", ha commentato in una recente intervista al Corriere della Sera Alberto Baban, fondatore dell’azienda di tappi Tapì e presidente di Venetwork, rete di 47 imprenditori veneti che si dedicano allo sviluppo di nuove attività imprenditoriali. Per la startup che viene adotta da un’azienda già organizzata significa invece poter contare su esperienza imprenditoriale e di mercato solida, rete di relazioni avviata, strutture finanziarie, tecnologiche e logistiche. A credere e scommettere su questa nuova forma di partenariato industriale, con l’appoggio di Confindustria (ha iniziato col proporre “adozioni" più soft, con la possibilità per le startup di iscriversi gratuitamente per uno-due anni a molte delle associazioni confindustriali regionali e di utilizzare i servizi a disposizione degli associati), sono già in molti, specie in Regioni ponte come Lombardia e in Veneto. Il punto di forza del nuovo modello di business sta nel fatto che le startup, mancando di esperienza, faticano a tradurre in realtà l’idea di impresa, scontrandosi anche solo con la difficoltà di redigere business plan corretti. Le Pmi, dal canto loro, rischiano di farsi troppo assorbire dalla routine produttiva quotidiana, perdendo di vista l’importanza di progettare e investire in innovazione. Unendo le forze di queste due realtà si genera un mix che può dunque dare frutti importanti e risultati utili per portare il nostro Paese fuori dal guado.
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