06/04/2016

Sicurezza in mare, rischio paralisi per la nuova normativa

Solas, Safety of life at sea, è una convenzione internazionale dell’organizzazione marittima internazionale (IMO), volta alla tutela della sicurezza della navigazione mercantile, con particolare riferimento alla salvaguardia della vita umana in mare. Dal prossimo 1 luglio entra in vigore una nuova norma Solas che obbliga la pesatura di tutti i container in esportazione prima che siano caricati su una nave portacontainer. La pesatura deve essere effettuata con un sistema certificato. Questa disposizione scaturisce dal fatto che diverse navi hanno avuto incidenti in mare, poiché imbarcavano container più pesanti di quanto nominalmente dichiarato. 


Cosa prevede la nuova norma
L’accertamento del peso è in capo allo “shipper", colui che appare come speditore nella polizza di carico e quindi identificato normalmente come il venditore, l’esportatore, lo spedizioniere. La dichiarazione del peso deve essere presentata da chi ha un rapporto commerciale con la compagnia marittima e quindi dallo stesso shipper o da chi lo rappresenta, normalmente la casa di spedizioni/ spedizioniere. La pesatura può avvenire in qualsiasi luogo, in qualsiasi impianto che abbia i requisiti previsti, è importante che il peso “certificato" sia conosciuto prima della preparazione dello “stowage plan", quindi con sufficiente anticipo, in maniera che l’operatore portuale possa predisporre il piano di stivaggio dei container. 


Burocrazia italiana troppo restrittiva
Ogni Paese sta affrontando la “criticità" per adeguarsi alla novella normativa, alcune nazioni dell’Unione europea, come la Danimarca e il Regno Unito, su tutti, hanno affrontato la questione con praticità disponendo sistemi di pesatura dinamici con tolleranze “abbondanti fino a 1000 kg" e tempi di un anno per le certificazioni. In Italia, il ministero dello Sviluppo Economico, richiamandosi a leggi nazionali (tra le quali un “regio decreto" dell’anno 1902...), sarebbe indirizzato a licenziare il peso dei contenitori solo con l’utilizzo di pese a raso e con una tolleranza massima di 20 kg. Cosa assurda se si considera che il peso di un contenitore può arrivare anche a 28 mila chilogrammi! Questa indicazione molto restrittiva del ministero non è giustificata in quanto non si tratta un peso ai fini di una transazione commerciale, ma di un peso per il carico su una nave portacontainer che permette tolleranze ben più ampie. 


Altre criticità italiche
Un’altra criticità è rappresentata dal fatto che non esiste in Italia un censimento preciso delle pese a raso e neanche di quelle certificate; inoltre le pese a raso prevedono che un camion con il container debba passare sopra la pesa due volte, il primo passaggio con il container e la seconda senza il container. La pesata è data dalla differenza fra le due pesate. Il rischio reale è che si crei un blocco nella catena logistica di esportazione con un effetto negativo sulla competitività delle nostre strutture portuali e sull’economia nazionale. Il rischio di creare colli di bottiglia ai “gate" portuali è molto più di un’ipotesi, il numero di container di merci destinate all’esportazione in Italia è pari a cinque milioni su base annua. 


La via d'uscita
La soluzione sarebbe quella di validare le “pese dinamiche" che non influiscono sull’operatività, questi strumenti possono essere montati sulle gru “reach stacker" dei terminal interni e portuali. Questo è il sistema per non perdere competitività e scongiurare distorsioni di traffico verso Paesi comunitari più pragmatici. Confidiamo nel buon senso! Le pese potrebbero essere montate sulle gru dei terminal interni e portuali. Questo è il sistema per non perdere competitività e scongiurare distorsioni di traffico.  


di Stefano Morelli 
Presidente della commissione Dogane di Assologistica
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