10/01/2019

GLI SCAMBI INTERNAZIONALI RALLENTANO, MA IN MODO ”CONTROLLATO”

Nel corso del 2018 si stima che gli scambi internazionali di manufatti aumenteranno a un tasso del 4,5% a prezzi costanti, 0,3 punti in meno rispetto all’anno precedente, ma oltre la crescita media degli ultimi cinque anni e del PIL mondiale. Le previsioni per il biennio 2019-2020 confermano la decelerazione fino al 4,1% per il prossimo anno e solo a partire dal 2020 il trend del commercio internazionale tornerà ad accelerare. Questi alcuni dei risultati emersi dalla presentazione del Rapporto ICE-Prometeia“Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori" che si è tenuta di recente a Milano alla presenza del sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci, del presidente pro tempore dell’Agenzia ICE Giuseppe Mazzarella, del segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli  e del partner di Prometeia Alessandra Lanza. Si tratta di numeri che descrivono un rallentamento, ma rimangono positivi e soprattutto ben lontani da scenari più drammatici che la cronaca delle recenti tensioni commerciali sembrano evocare. In sintesi, rallentamento sì, ma senza arrivare alle pericolose fasi di stasi che alcuni paventavano. Il commercio globale non gode attualmente di ottima salute, ma non è neppure quel malato terminale vessato dai colpi del protezionismo made in USA. Siamo di fronte a uno scenario degli scambi mondiali che viene definito in "rallentamento controllato" e,  nonostante la guerra dei dazi, non si vedono all'orizzonte catastrofi nelle relazioni d'affari tra Paesi.

 

I numeri del Rapporto
I numeri del Rapporto restano lontani da quelli che avevano caratterizzato altre fasi della globalizzazione (nel decennio prima della crisi il tasso medio del volume degli scambi mondiali superava il 7%), ma non sono da attribuire esclusivamente alle incertezze delle politiche commerciali. Un rallentamento degli scambi è spesso la cartina tornasole dello stato di salute dell’economia globale e su questa pesano la fragilità finanziaria di diversi mercati e le politiche monetarie via via più restrittive nelle principali aree valutarie. L’integrazione dell’economia mondiale e delle catene del valore transnazionali comunque prosegue, nonostante il clamore degli annunci e un profilo delle barriere artificiali agli scambi in aumento. A livello geografico, tutte le principali aree analizzate nel Rapporto hanno sperimentato nel 2018 un incremento delle importazioni con tassi di crescita a prezzi costanti compresi tra il 3,9% dei Paesi maturi vicini (area dell’euro e altri paesi europei) e il 5,9% degli emergenti vicini (paesi dell’Europa centro-orientale, Nord Africa e Medio Oriente). Spiccano le performance degli Stati Uniti, con un aumento del 5,3% delle importazioni, e della Cina (6,2%).

 

Ruolo della geo-politica
Non mancano tuttavia fattori di rischio al ribasso, legati anche alla geopolitica, che potrebbero disegnare una mappa dell’internazionalizzazione diversa da quella consueta. Un raffreddamento dell’asse tra Stati Uniti e Cina, come quello suggerito dalla cronaca di questi mesi, andrebbe per esempio a rafforzare il già evidente percorso di avvicinamento del Paese asiatico verso quella parte del mondo emergente strategica per gli interessi cinesi di medio termine. Una escalation tariffaria tra le due sponde dell’Atlantico (USA e UE) potrebbe risultare determinante per definire il ruolo dell’Europa all’interno di filiere e alleanze globali anche alla luce degli scenari post Brexit e delle forze centrifughe che caratterizzano il dibattito politico interno all’Unione Europea.

 

Trend dei vari settori merceologici
Per quanto riguarda i settori di specializzazione, sono i beni intermedi a risentire maggiormente del rallentamento della domanda mondialeLa meccanica, primo settore di esportazione dell’Italia, nel prossimo biennio non andrà oltre una crescita percentuale del 3,3% nel 2019 e 3,5% nel 2020 e soprattutto sarà tra i settori tecnologici quello meno dinamico. Meglio i comparti dei beni di consumo, che mostrano un andamento meno volatile, con la domanda di prodotti alimentari prevista in accelerazione costante dal 2,6% del 2018 al 2,8% del 2019 fino al 3,8% del 2020. Lieve la flessione, rispetto al 2018, per sistema moda e arredo:nel 2018 si registrerà una crescita delle importazioni mondiali rispettivamente del 3,8% e 4% e nel 2019 del 3,5% e del 3,7% mentre nel 2020 dovrebbe ripartire la domanda internazionale (4,4% e 3,8% la previsione per i due settori).Chimica, prodotti per l’edilizia e filiera dei metalli registreranno tassi di crescita delle importazioni mondiali nel 2019 inferiori alla media dei manufatti. Più brillante l’andamento dei beni tecnologici, dove soprattutto l’elettronica e i prodotti a maggior complessità (automotive, nautica, aerospazio), pur rallentando, si confermano tra i più dinamici. In questi settori emerge il ruolo sempre più centrale dell’innovazione e delle nuove tecnologie digitali nella domanda di nuovi investimenti. 

 

I mercati interni di Usa e Cina
Nel prossimo biennio Stati Uniti e in Cina saranno ancora una volta i due mercati che offriranno le maggiori opzioni di commercio. Negli Stati Uniti, identificato come primo Paese per nuove opportunità nel prossimo biennio, si riscontra una domanda interna vivace individuando il sistema casa (mobili, elettrodomestici, chimica farmaceutica per il consumo) come comparto più dinamico. Molto attivi risultano anche essere i settori delle apparecchiature elettromedicali e della meccanica di precisione. La Cina rappresenta il secondo mercato per dimensioni assolute delle nuove opportunità nel prossimo biennio. Nel Paese prosegue infatti il passaggio da un modello di crescita export based a uno fondato sulla domanda interna. All’interno dei beni di consumo, cresce la domanda di beni alimentari dall’estero in virtù di attenzione a sicurezza e qualità. Nei beni di maggior complessità, cresce la filiera dei mezzi di trasporto. Penalizzati invece i beni intermedi, in primo luogo elettrodomestici, a causa dell’eccesso della capacità produttiva interna

 

Le opportunità degli altri mercati
Altre opportunità, si possono riscontare nell’area meridionale del continente africano. Demografia, infrastrutture e grande disponibilità di materie prime spingono la domanda di beni dall’estero. Soprattutto in grandi agglomerati urbani cresce un nuovo ceto emergente e cresce la domanda di prodotti importati. Sul fronte tecnologico, l’offerta dall’estero sopperisce alla mancanza di produzione domestica e risponde ai piani di industrializzazione dei governi. Vanno colte le opportunità di creazione di partnership tra fornitori internazionali, sinergie tra industrie, e strumenti di development finance.

 

Le chances del nostro Paese
In tale contesto, l’offerta italiana può rispondere a questa sfida unendo l’upgrading tecnologico alla tradizionale flessibilità e capacità di personalizzazione che caratterizza le imprese italiane per riposizionarsi e intercettare i bisogni di mercati sempre più sofisticati. La storia recente delle quote di mercato negli Stati Uniti e in Cina, i due mercati che offriranno le maggior opportunità anche nel prossimo biennio, mostra come sia progressivamente migliorato il posizionamento italiano. Allo stesso tempo il divario con i concorrenti (dal vino francese, alla tecnologia tedesca) mettono in evidenza un potenziale per l'Italia ancora tutto da valorizzare. Nel suo intervento, Geraci ha sostenuto che “nell’attuale modello darwiniano di globalizzazione occorre attenzione a chi rischia di restare indietro come le nostre PMI". Per il sottosegretario “innovazione e digitalizzazione sono la chiave per il successo". II segretario generale di Unioncamere Tripoli ha ribadito che “l’export è centrale per lo sviluppo dell’economia italiana. Oggi sono 195mila le imprese che esportano, ma ci sono decine di migliaia di altre imprese che, pure avendone le potenzialità, non riescono ancora a farlo. Le Camere di commercio stanno lavorando anche insieme a ICE per consolidare la presenza all’estero delle aziende e hanno un piano di azione preciso rivolto a 46mila aziende potenziali esportatrici, soprattutto di piccole dimensioni, per aiutarle ad aprirsi ai mercati stranieri ".

 

GIANGIACOMO DEL GROSSO

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