10/10/2022

Il commercio internazionale protagonista dell'assemblea pubblica di Alsea

Reshoring e commercio internazionale sono stati i temi centrali dell’assemblea pubblica di Alsea di oggi. Ha aperto i lavori il presidente della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza Lodi, Carlo Sangalli, dichiarando “Il tema della crisi della globalizzazione è centrale per comprendere gli sviluppi futuri del nostro sistema economico. In particolare è rilevante l’evoluzione di nuove tendenze come il reshoring, cioè la scelta da parte di alcune imprese - che si erano precedentemente delocalizzate - di rientrare in Italia. Una tendenza che significa anche favorire gli investimenti esteri nel nostro Paese con infrastrutture più efficienti, incentivi fiscali e una buona burocrazia, cioè semplice e veloce".

 

 

Stefano Elia, professore di International business del Politecnico di Milano, ha presentato i risultati di una indagine condotta su di un campione di oltre 700 imprese per comprendere le scelte di localizzazione delle attività̀ produttive e delle forniture delle imprese italiane e le motivazioni sottostanti le loro scelte.

 

 

Da questa indagine è emerso che circa il 30% delle imprese che hanno delocalizzato ha dichiarato di aver già realizzato un cambiamento nella strategia di localizzazione, mentre il restante 55% continua a mantenere inalterata la sua scelta localizzativa. Il backshoring della produzione (totale o parziale) è stato fino ad ora scelto dal 16,5% delle imprese che avevano realizzato l’offshoring produttivo. Più del 12% ha dichiarato di aver programmato di riportare in Italia la produzione attualmente localizzata all’estero nel medio-lungo termine (3-oltre 5 anni). Il 14%, ha invece optato per un cambio di localizzazione all’estero (nearshoringo further offshoring). Il potenziamento di politiche già esistenti che favoriscono la digitalizzazione, l’Industria 4.0 e il “Green New Deal" potrebbero promuovere sia il rientro delle forniture (rendendo sempre più «idonei» i nostri fornitori) sia quello della produzione (che necessita di un contesto istituzionale favorevole).

 

 

Per favorire il fenomeno del reshoring, occorre anche affrontare a livello centrale quei problemi strutturali atavici che rendono il nostro paese da sempre meno attrattivo di altri (burocrazia, sistema giudiziario, pressione fiscale, infrastrutture, innovazione, costo del lavoro, costi dell’energia, debito pubblico).


 

Per parte sua Betty Schiavoni, presidente di Alsea, ha puntato l’attenzione dei presenti su tre problemi che frenano il commercio internazionale lanciando tre proposte. La sanità marittima e aerea è caratterizzata da una cronica mancanza di personale, medici e tecnici, che fanno si che una spedizione aerea che giunge a Malpensa in meno di 24 ore di volo, debba attendere anche 5 – 6 giorni in certi periodi per il rilascio di un semplice nulla osta documentale. “Stiamo perdendo traffici a favore di porti e aeroporti europei. Basterebbero pochi medici e tecnici per superare il problema, ma non si riesce a reclutarli. Risolviamo il problema. Anzitutto togliamo il numero chiuso per accedere alla facoltà di medicina. Abbiamo una cronica mancanza di personale nelle amministrazioni pubbliche. Eliminiamo il riscontro della Guardia di Finanza all’import e export e destiniamolo ad atre mansioni, visto che l’Italia è l’unico Paese in Europa che ha un doppio controllo all’import export. Della Dogana e della Guardia di Finanza: non ce lo possiamo più permettere... Gli obiettivi dei funzionari pubblici che intervengono nel momento doganale devono essere modificati. I premi vanno calcolati non solo in base ai controlli eseguiti ma anche sulla crescita dei traffici, garanti dall’efficienza delle Amministrazioni stesse. Se, infatti, è un obiettivo indispensabile garantire controlli efficienti, lo è altrettanto quello di consentire ai traffici di crescere per far prosperare l’economia italiana. Un obiettivo non deve andare a discapito dell’altro: serve un giusto equilibrio e, soprattutto, la giusta attenzione a tutti e due questi aspetti".

 


Giulio Tremonti ha portato una riflessione di ampio respiro concludendo che “quello che stiamo vivendo non è la fine del mondo ma la fine di un mondo. Ci sono enormi complicazioni, un mondo che cambia ma che speriamo resti se non più globale almeno internazionale, con delle regole, non come si scelse di fare nel 2008".

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