23/02/2015

Economia collaborativa: opportunità o minaccia? di RAFFAELLA NOCCA

Seppur non esista una definizione univoca e condivisa, proviamo comunque a circoscrivere il campo della sharing economy. L’economia collaborativa (sharing economy) è un fenomeno socio-economico che consiste nel mettere a disposizione – vendendo, prestando, affittando - di una comunità di utenti beni e/o servizi inutilizzati o sottoutilizzati da parte di chi li possiede. 

Ai molti sembrerebbe un trend nuovo, ma in realtà è da millenni che gli esseri umani condividono o scambiano cibo, strumenti, tempo. La vera novità sta, invece, nella trasposizione di questa abitudine sulla rete che funge da grande catalizzatrice. Nata negli USA agli inizi degli anni ’90 con il lancio della piattaforma di scambio eBay, la sharing economy digitale ha preso velocemente piede nel periodo successivo alla grande recessione del 2008, rappresentando un’opportunità di guadagno aggiuntiva, semplice e immediata. Chi, però, negli anni più recenti, ha aderito a questo modello di business, alternativo alle consuete dinamiche di mercato, lo ha fatto soprattutto perché assorbito da un contesto economico-industriale che i social media e le più moderne tecnologie hanno completamente stravolto e ridisegnato. 

Il desiderio di ampliare le relazioni sociali, di ribellarsi ad un sistema consumistico fuori controllo, di reagire alle dinamiche capitalistiche così deleterie per l’ecosistema, ha fatto sì che emergessero i valori della condivisione e della collaborazione lì dove, con un semplice clic, si dialoga e si interagisce con il mondo intero, scoprendo il valore, la ricchezza e l’esistenza di risorse sconosciute o inutilizzate. L'emergere delle sharing economy community, al cui interno si condividono prodotti, spazi e servizi ben si presta ad affermare anche nuovi modelli sociali in cui è consentita una ridistribuzione del potere economico schiudendosi possibilità di accedervi. 

Le Persone sono meno dipendenti dai datori di lavoro e in grado di diversificare il loro accesso al reddito e di gestire potere decisionale in prima linea. Nel calderone della sharing economy rientra anche la buona pratica del crowdfunding che consente, quasi sempre con l’ausilio di piattaforme web, la raccolta di fondi necessari alla realizzazione di progetti. Questo comporta un coinvolgimento massiccio delle comunità, un direzionamento delle risorse verso obiettivi e risultati voluti e condivisi, l’affermarsi di economie di scopo. 

Ma di fronte a questa tendenza, c’è anche chi mantiene un atteggiamento più critico e negativo, considerandola una minaccia, un elemento frenante dello sviluppo economico, oltre che un modello, a tutti gli effetti di business diretto o indiretto, ancora non ben disciplinato dal punto di vista legale e fiscale. La domanda che ci si pone è: consentendo il ricircolo di beni e/o servizi in gran parte già esistenti non si rischia, a lungo andare, di impantanare i circuiti produttivi mondiali in dinamiche recessive? O forse queste nuove economie hanno semplicemente palesato i punti di debolezza proprio dello status quo produttivo? E’ pur vero che la sharing economy potrebbe essere un’opzione strategica anche per le aziende produttrici e non solo per gli individui; siano esse piccole, medie o grandi, avvalendosene, le aziende attiverebbero processi di razionalizzazione e di ottimizzazione dei propri asset con inevitabili impatti sui modelli produttivi e distributivi che andrebbero totalmente ripensati, riorganizzati e adeguati. La sharing economy è ormai un fenomeno diffuso e sempre più in crescita, che prova la potenza di internet e l’interazione sempre più massiccia tra ciò che è fisico e ciò che è virtuale. Opportunità o minaccia? A voi la scelta.

di Raffaella Nocca

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