03/12/2015

Merci non ritirate in porto, analisi di un caso da manuale - di avv. Alessio Totaro

Con la decisione 5488 del 2015, la Corte di cassazione si occupa di un tema che si presenta con una certa frequenza nella gestione dei traffici internazionali di merci, ovvero la sorte delle merci scaricate al porto di destinazione e non ritirate dal ricevitore indicato in polizza.

Nel caso sottoposto all’esame della Corte, la mittente ghanese aveva citato in giudizio il vettore marittimo, chiedendo il risarcimento del danno patito a causa dalla perdita delle merci vendute all’acquirente italiano e da questo non ritirate al porto di Napoli. In particolare, il vettore marittimo aveva provveduto alla regolare scaricazione delle merci presso il porto di Napoli e al successivo affidamento delle stesse a un magazzino in attesa che il destinatario le ritirasse. A distanza di alcuni mesi dalla scaricazione, perdurando il mancato ritiro da parte del ricevitore ex polizza, le dogane avevano provveduto alla vendita delle merci con il consenso del vettore, ma senza avvisare della vendita il mittente del carico. Il mittente chiedeva dunque il risarcimento del valore della merce, sostenendo che il vettore marittimo avesse violato il proprio obbligo di custodia delle merci in quanto non ne aveva garantito la sicurezza nel porto di destinazione. Il vettore si opponeva alle richieste del mittente eccependo la decadenza prevista dalla convenzione di Bruxelles del 1924 sull'unificazione di alcune regole in materia di polizze di carico e sostenendo, pertanto, che nessun risarcimento fosse dovuto al venditore-mittente.

Sulla scorta di queste premesse la Corte esamina le responsabilità che incombono sul vettore nell'ipotesi in cui il ricevitore della merce indicato in polizza di carico non si presenti per la consegna al momento della scaricazione. Sulla scorta dei fatti appena descritti, i giudici della Corte di cassazione esaminano preliminarmente se il caso concreto ricade o meno nella sfera di applicazione della convenzione di Bruxelles. In particolare, ad avviso della Corte, l’oggetto della disciplina dettata dalla convenzione è il trasporto per mare che ha come momento iniziale le attività preliminari al carico delle merci sulla nave e come momento finale le attività di scarico nel porto di arrivo e nella consegna in porto della merce, ma senza che abbia luogo, dopo lo scarico, lo svolgimento di un'attività ulteriore rispetto al trasporto per mare.

Ad avviso della Corte, dunque, nel caso di specie non poteva trovare applicazione la convenzione internazionale invocata dal vettore, poiché la perdita delle merci era avvenuta in fase successiva allo scarico al porto di arrivo e, quindi, in un momento successivo al termine di validità della convenzione stessa. In altri termini, ad avviso della Corte la convenzione del 1924 non può essere applicata alle fasi successive al trasporto marittimo, qualora la fase di consegna delle merci venga dilatata nel tempo a causa del mancato ritiro delle merci da parte del ricevitore. In casi simili, prosegue la Corte, l’attività del vettore dopo le fasi di scaricazione, sono regolate dal codice civile italiano che, agli articoli 1686 e 1690, in caso di ritardo o impedimenti alla riconsegna delle merci obbliga il vettore a chiedere istruzioni al mittente.

Nel caso sottoposto alla Corte, invece, il vettore aveva avviato le operazioni di vendita tramite la dogana di Napoli senza avvisare il venditore-mittente, così precludendogli la possibilità di evitare la vendita o di controllare il prezzo e le modalità con cui veniva eseguita. La Corte di cassazione confermava così la sentenza emessa dalla Corte territoriale con la conseguente condanna del vettore al risarcimento dei danni cagionati.

Avvocato Alessio Totaro
Studio Legale LS
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