06/07/2015

Taranto: l'abbandono di Tct una telenovela non a lieto fine - di Michele Conte

Tutti sapevano, ad eccezione di “pochi" inesperti della materia, che la telenovela della TCT si concludeva con i titoli di coda che illustravano il definitivo abbandono del porto di Taranto da parte del vettore Evergreen. A seguito della messa in liquidazione della societa' avvenuta ora, mentre le navi delle rotte transoceaniche furono spostate nel 2011 a Pireo, con la Delibera n°09/15 del 30/06/2015, Il Comitato Portuale ha deliberato: “ … di revocare…il Contratto pluriennale… di concessione … alla TCT". Con il famoso accordo di programma sottoscritto nell’ormai lontano aprile 2012 , si fornì l’alibi ad Evergreen per lasciare Taranto indenne da danni. La fissazione in due anni del tempo utile e necessario per adeguare il terminal , non solo alle necessità dell’approdo delle grandi navi, ma anche agli sfizi del concessionario, era del tutto fasulla. E’ certificato che in Italia le opere pubbliche si realizzano in media in non meno di 5/7 anni (per i dragaggi poi è quasi impossibile!). In quell’accordo di programma il consolidamento della banchina, previsto in altro accordo del 2009 a carico di TCT, nel 2012 è stato posto a carico dello Stato (senza alcuna motivazione e/o giustificazione) e visto che pagava “pantalone", senza che le fosse chiesta alcuna gar. anzia reale oltre quella della generica presentazione di un progetto di ristrutturazione industriale, si accettò anche di allargare la banchina e di modificare e ristrutturare la banchina di riva del Molo polisettoriale, sempre a spese dello Stato. Così come prevedeva l’accordo di programma, TCT ha provveduto nei termini, a redigere i progetti preliminari sia del consolidamento della banchina, del suo allargamento, e anche della ristrutturazione dell’area del cantiere di Terminal rinfuse e della relativa banchina di riva, oltre al progetto di prolungamento della diga foranea. Ora con la delibera di revoca e successiva decadenza, operata velocemente, si ritiene si sia agito nella effimera speranza di trovare un investitore che, nel residuo termine di meno di 60 giorni, chieda e sia legittimato ad insediarsi sul terminal riassumendo anche i dipendenti di TCT in mobilità. Questo fa di sicuro il paio con gli innumerevoli crono-programmi snocciolati dal 2012 ad oggi senza che alcun principio d’opera sia “realmente" partito. Per adeguare il terminal si erano attrezzati per fare i miracoli e così si continua a fare anche per rimettere in attività commerciale il porto. Ma ancora una volta non è per lo sviluppo che si interviene, ormai la città ha capito che erano fandonie quelle che si somministravano sui tempi di realizzazione delle opere, come oggi sulla ripresa in pochi giorni dell’operatività. E chissà che non sia stato proprio qualcuno della compagine di TCT a chiedere tanto di più del necessario perché poi ci fosse l’alibi per lasciare! Il consolidamento della banchina è necessario per evitarne il crollo per l’approfondimento dei fondali oltre la quota originaria. Ma l’ allargamento è inutile se non addirittura dannoso! A questo punto si porrebbe un serio sospetto di danno erariale perché si realizzano opere chieste, volute e pretese dal concessionario che oggi per effetto dell’atto di revoca in questione non c’è più, dopo, peraltro, aver dichiarato, da tempo, di non voler più operare a Taranto! Invece si tratta proprio di grave danno erariale “distruggere", eliminandola, una banchina realizzata per l’approdo e l’operatività del traffico delle navi ro-ro uno dei punti di forza sul quale punta il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica, approvato, su proposta del ministro Del Rio, dal Consiglio dei Ministri il 3/7/2015). Di recente l’A.P. ha dichiarato di aver appaltato per oltre 7 milioni di euro l’eliminazione di tale infrastruttura, per eseguire quanto richiesto dal Concessionario che non c’è più. Si elimina una infrastruttura ritenuta strategica da un piano nazionale senza, peraltro, sapere se un ipotetico futuro nuovo concessionario gradisca o meno tutti gli adeguamenti che prima o poi potranno essere fatti con pubblico denaro. Con i falsi crono- programmi , con le opere inutili e con i cantastorie non si convincono gli operatori, quelli seri, ad investire a Taranto. Per quanto attiene l’opera di cancellazione, con pubblico denaro, dell’unica infrastruttura per navi ro-ro del porto di Taranto, senza alcuna motivazione plausibile, ritengo sia utile e necessario investire la Corte dei Conti per le necessarie verifiche del caso, visto che si spendono oltre 7 milioni di euro dello Stato.
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