04/06/2015

Parla Ermanno Rondi, AD del Gruppo Incas

Incas è nata 34 anni fa a Biella e negli anni ha maturato esperienza nella progettualità industriale, attitudine al problem solving e alla flessibilità, nonché propensione all’alta tecnologia.  Elementi che hanno consentito all’azienda capitanata dall’AD Ermanno Rondi di divenire leader nel settore dell’automazione logistica e distributiva, con una presenza non solo nazionale. Nel 2014 Incas ha fatturato 23 milioni di euro (erano 18 milioni nel 2011). “I nostri obiettivi a medio termine – afferma Rondi – sono di consolidare la nostra presenza sul mercato, con un trend di crescita che ci conduca a fatturare 30 milioni di euro nel 2018. Una crescita per linee interne, fatta di soluzioni stabili e già testate sul mercato, ovviamente continuando nel trend innovativo che ci ha sempre contraddistinto, operando specialmente nel nostro Paese, ma anche seguendo le esigenze delle imprese italiane che ci sono o si insedieranno all’estero. Uno sviluppo comunque controllato e graduale per poter operare correttamente con la necessaria formazione dei tecnici.


Velocità, agilità e flessibilità sono qualità oggi indispensabili per le aziende se vogliono restare sul mercato. Come si pone Incas riguardo a questi aspetti? Rondi: Per noi è sempre stato un mantra quello di essere un’azienda capace di seguire velocemente le indicazioni del mercato. La nostra scelta strategica è di muoverci come system integrator a 360 gradi, avendo in mano il cuore del sistema. Una scelta che ci ha premiato, perché in un momento di mercato caratterizzato da cambiamenti pesanti ed estremi come l’attuale, Incas non solo è rimasta sul mercato, ma è anche cresciuta, migliorando le sue performance.


Automazione e flessibilità sembrano essere di primo acchito due fattori in contrapposizione. Come si possono conciliare? Rondi: No, non parlerei tanto di contrapposizione, ma della necessità di una sintesi fra queste due componenti da realizzare con estrema attenzione: oggi se le aziende non mantengono un grado di flessibilità elevato si portano a casa rischi ed handicap penalizzanti per la loro sopravvivenza e crescita. Bilanciare correttamente la quantità di automazione adatta a un certo tipo di business produce effetti molto positivi. Se è vero che troppa automazione può far male, è altrettanto vero che anche troppo poca automazione può causare effetti deleteri. Questo perché oggi ci sono situazioni che il mercato non consente più. Prendiamo il caso dell’e-commerce: errori nelle consegne o consegne mal gestite significano essere buttati fuori dal mercato. E allora l’automazione serve se garantisce un grado di agilità e flessibilità tali da consentire di adeguarsi ai cambiamenti repentini cui il mercato ci ha abituati. Realizzare impianti con troppa meccanica non va bene; occorre dar vita a impianti con una logica e un modello gestionale-organizzativo sufficientemente flessibili per la tipologia delle aziende italiane, che da sempre hanno fatto della loro capacità di adattarsi al mercato la loro strategia vincente.


Questo significa che le medio-piccole imprese italiane sono più aperte e disponibili ad automatizzare i loro processi produttivo-distributivi? Rondi: Sì, anche perché ora investire in automazione ha un costo più abbordabile e quindi le pmi possono affrontare tale processo senza eccessive difficoltà. L’automazione costringe l’azienda a interpretare dei modelli organizzativi e a formalizzarli, nonché ad attivare strategie ben definite e questo la fa crescere, aumentando la consapevolezza di ciò che intende fare sul mercato e generando benefici indotti che altrimenti non riuscirebbe a perseguire. Dunque un po’ di automazione serve anche a introdurre un po’ di organizzazione in azienda. Talvolta le pmi italiane si muovono in modo istintivo sul mercato, con grande intuizione, ma con meno pianificazione. 


Incas ha tre linee di specializzazione (produzione, magazzini e trasporti); quali trend stanno evidenziando? Rondi: Possiamo sintetizzare così l’attuale situazione di mercato: il magazzino traina, la produzione sta emergendo in modo significativo e il trasporto diventa sempre più strategico. Quindi per trasporto e produzione intravvediamo aree di sviluppo molto importanti per il futuro. Quanto alla produzione possiamo dire che è cambiato completamente lo scenario produttivo: qualche anno fa si parlava di reparti, volumi e di lotti economici, oggi si parla di ordini su commessa e quindi di velocità di attraversamento e controllo dei tempi. Quel che più conta non è tanto il minor costo possibile nel produrre un pezzo, ma quanto più velocemente si riesce a produrlo per restare sul mercato; occorrono poi stock ridotti, nonché ingegnerizzazione del prodotto per poterlo differenziare il più possibile a valle. E’ cambiato il modello con cui si traccia il processo produttivo e di conseguenza avere magazzini operativi integrati alla produzione diventa strategico. Oggi stiamo lavorando parecchio con il Politecnico di Milano per interpretare i modelli emergenti e mettere a punto gli strumenti per servirli in modo adeguato.


E che dire del trasporto? Rondi: Il trasporto è sempre stato un elemento dominante dal punto di vista del costo dell’execution della logistica; però – pur essendo il trasporto un centro di costo elevato – è stato molto poco gestito e mal programmato. Qui c’è un salto culturale importante da compiere: oggi le consegne sono composte da pacchetti distribuiti quasi una volta al giorno, un frazionamento molto, troppo elevato. Se non c’è una gestione efficace nella scelta del trasporto e nel come organizzare carichi, consegne e prese si genera un processo complicato e confuso. Mano a mano che l’eCommerce prende piede, questi problemi si evidenziano in modo drammatico e necessitano quindi di una risoluzione.


Quanto è importante l’integrazione con il mondo accademico per una realtà come Incas? Rondi: Il mondo accademico lavora molto sulle tendenze di mercato e interagire con esso significa portarsi avanti, cercando di anticipare quanto accadrà in futuro, preparandosi per tempo, perché per realizzare certe innovazioni ci vogliono anni e se si parte in ritardo si rischia di essere tagliati fuori dalla competizione e dal mercato.


Il mercato vi sta chiedendo più revamping di magazzini già esistenti o più la realizzazione di nuovi impianti? Rondi: I revamping e gli upgrading ci sono sempre ed è giusto che ci siano, in quanto condizione insita nell’evoluzione stessa degli impianti; poi ci possono essere revamping più o meno approfonditi. Oggi la meccanica ha una vita di trent’anni e quindi perché buttarla anzitempo, quando si può riutilizzare in una maniera differente? Possiamo inoltre dire che c’è anche parecchia richiesta di impianti nuovi, tarati sulle esigenze del mercato italiano, anche perché l’Italia rispetto al nord Europa ha livelli organizzativi differenti, con un mercato nuovo che si sta aprendo, percorrendo una sua strada del tutto autonoma.  Mentre in nord Europa siamo in presenza di un’automazione molto pesante, con moltissima meccanica, la prerogativa del mercato italiano continua a essere un’automazione molto flessibile, “light", molto efficace per la tipologia di organizzazione e strategia aziendale italiana.


Negli anni Incas ha realizzato e proposto tantissime soluzioni. Quale vi ha dato maggiori soddisfazioni? Rondi: Senza dubbio i sistemi di evasione ordini che mescolano tre tipologie di operazioni (classe A con pick-to-light, classe B e C con RF e il pick to belt per quello che va via in scatola) in un unico impianto, rendendo il tutto molto flessibile, perché - a seconda di come si muovono gli ordini o le richieste del cliente – il flusso di lavoro si sposta su una linea o sull’altra, riuscendo in ogni caso a dare risposte adeguate. E’ un modello di impianto che ha avuto molto successo, anche perché vi si possono aggiungere pezzi di magazzino automatico, se servono. Di tutti i nostri “figli" è quello che ha fatto più strada.  

Ornella Giola

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