03/02/2023

Chiusa la prima edizione di “Shipping, Transport & Intermodal Forum”

A Rapallo si è tenuta recentemente la prima edizione di “Shipping, Transport & Intermodal Forum", evento dedicato all’analisi della situazione attuale del comparto delle spedizioni e dei trasporti, allo scenario geopolitico, alla transizione ecologica in corso e alle prospettive future del settore.


L’inizio dei lavori è stato caratterizzato da una marcata e qualificata presenza di figure istituzionali, al massimo livello. Da citare senz’altro quella riferita allo ‘stato dell’arte’ complessivo a livello nazionale del comparto illustrato dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini  (collegato da remoto) che sull’annosa questione del ponte sullo stretto di Messina - progetto in cantiere da decenni ma di fatto mai avviato finora - ha voluto assicurare che è da considerare ormai certo “l’obiettivo di realizzarlo, e quando l’opera sarà portata a termine rappresenterà un esempio dell’ingegneria italiana nel mondo, così come si è rivelato tale anche il ‘modello Genova’ adottato nella ricostruzione del ponte Morandi, un esempio di come sia possibile ‘rialzarsi’ e fungere da esempio al mondo intero".


Sempre in ambito regionale Salvini ha anche citato lo stato avanzato dei lavori per il terzo valico e l’impasse sulla gronda del capoluogo ligure, rispetto alla quale è in atto da parte del ministero competente un vero e proprio pungolo continuo nei confronti di Autostrade per l’Italia perché finalmente, dopo tanti anni, “si cominci a cantierare un’opera attesa che avrà lo scopo di fluidificare e velocizzare il trasporto in un’area considerata di vitale importanza per lo sviluppo del Paese nel suo complesso". Ha poi fatto seguito la locuzione del viceministro dello stesso ministero Edoardo Rixi, che ha annunciato un tavolo sugli obiettivi che in quest’ambito si pone il neonato Governo e che verrà aperto nelle prossime settimane. A tal proposito, ha dichiarato Rixi, è importante sottolineare che “le infrastrutture italiane rappresentano un vero e proprio snodo europeo, visto che il 50% di gallerie e viadotti del nostro continente sono ubicati in Italia, e di queste ben il 70% solo in Liguria. È purtroppo anche evidente che i cantieri comportano notevoli disagi alla mobilità nel territorio, quindi vanno studiate misure che consentano di portare a termine le nuove opere senza pesare eccessivamente sulle realtà territoriali".


L’evento è stato suddiviso in diverse sessioni, e nella prima – dedicata agli scenari globali - il panel 1 è stato dedicato al tema “Trasporti & logistica: cambiano gli scenari e le priorità globali", che ha potuto contare sull’illuminante intervento iniziale di Dario Fabbri, analista geopolitico di livello planetario, diventato fonte di conoscenza di primissimo piano nel nostro Paese dall’inizio della guerra in Ucraina. Fabbri ha voluto incentrare il suo intervento sulla globalizzazione, di fatto tranquillizzando la platea affermando che “l’impressione, nel suo ‘telaio’, è che la globalizzazione marittima non subirà scosse particolari a livello planetario nell’attuale momento di guerra, e nemmeno nell’immediato futuro. Potrà subire delle ‘increspature’ nella competizione economica e di supremazia fra potenze in corso fra Stati Uniti  e Cina, ma sostanzialmente non subirà cambiamenti di notevole impatto, se non per il fatto che i cinesi possano decidere azioni di forza nel caso da parte americana avvenisse il tentativo di toglierle una parte della produzione per convogliarla nei Paesi intorno al suo. Ma questo, se mai avverrà, probabilmente farà parte di scenari non immediati".


Subito dopo è stato il presidente di Assologistica Umberto Ruggerone a prendere la parola, ponendo l’accento “sulla capacità che il nostro sistema ha nel partecipare alla gestione della catena della distribuzione, quindi è doveroso che ogni valutazione debba tener conto di una conoscenza della situazione geopolitica visto che abbiamo il dovere di ‘guardare oltre l’orizzonte’ e quello della logistica comprende la sfida che ci attende nei prossimi anni, che nell’immediato si traduce in una spiccata propensione al ‘problem solving’, aspetto che nel nostro Paese non rappresenta una dote o un’esigenza, ma piuttosto un imperativo. Al tempo stesso bisogna guardare anche alle dinamiche nel medio e lungo periodo, quindi la logistica italiana deve ‘fare fronte’ al luogo comune che è quello che in questo Paese non si riesca fare quasi nulla di organizzato, nonostante ogni giorno gli operatori logistici riescano a fare arrivare le merci nel tempo necessario e nel posto giusto con grande professionalità. Magari, ormai e purtroppo, non al costo giusto, ma su questo incidono ultimamente molti fattori, imponderabili solo qualche anno fa". Per Ruggerone “si tratta di una sfida che riusciamo ad affrontare con tutti i temi che fanno parte della nostra complessità, partendo da quello delle infrastrutture, spesso non contraddistinte da livelli di efficacia ed efficienza rispetto alle esigenze del mercato. Credo che il nostro settore debba affrontare una serie di cambiamenti importanti, primo fra tutti quello della conversione energetica legato all’automotiv: la componentistica, i derivati del petrolio (non solo i carburanti, ma anche i pneumatici) e quant’altro.  Tutti elementi – materie prime, terre rare… - che non sono tenuti in giusta considerazione nella gestione attuale dei principali protagonisti del mercato e che in una conversione di paradigma come quella che dobbiamo affrontare seguiranno flussi logistici diversi e divergenti da quelli attuali e che andranno completamente a scardinare l’esistente". In conclusione, il presidente di Assologistica ha sottolineato che “noi non ci consideriamo semplicemente dei rappresentanti di categoria, ma piuttosto di filiere estese che vanno ad ‘intercettare’ la materia prima fino al prodotto post-utilizzo e quindi credo sia importante interrogarsi in tempo per il futuro. Per quanto ci riguarda credo di poter affermare che siamo pronti a farlo perché quella che oggi è la mappa dei flussi logistici e delle modalità che ne conseguono probabilmente in un orizzonte più così ampio e temporale dovranno essere riviste. Si tratta di una sfida vera e propria che con il nuovo Governo dovremo affrontare: ne va dell’esistenza stessa del nostro sistema sul mercato".


A seguire è stata la volta di Thomas Baumgartner, presidente di Anita (l’Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automoblistici)  che ha esordito dicendo di ritenere che “probabilmente è vero che la globalizzazione non subirà variazioni sconvolgenti nell’immediato, ma tutte le aziende nostre partner ci stanno facendo capire che non faranno più l’errore di fidarsi solo di una produzione in un certo Paese, ma avranno la necessità di poter usufruire di altre possibilità. Non si può certo mettere in discussione l’importanza del trasporto via mare, ma direi che partendo proprio dall’esempio della Liguria dove ci troviamo ora, non vada considerato elemento di secondo piano quello via terra avviato in modalità straordinaria fin dall’epoca degli antichi romani, iniziativa lungimirante ante-litteram che ha permesso lo svilupparsi impetuoso del commercio e un nuovo tipo di trasporto in tutta Europa. Dobbiamo anche considerare che per l’Italia l’import-export (senza considerare quello dei prodotti petroliferi) più del 60% è attività svolta nei confronti del nostro continente nel suo complesso, con una grande crescita in atto verso in Paesi dell’est, un interscambio che, fra l’altro, è destinato a crescere ancora notevolmente nei prossimi anni. A tal proposito vorrei sottolineare che per andare in quei luoghi il passaggio delle Alpi è fondamentale, e anche se sono importanti gli investimenti che sono stati previsti con il Pnrr per la nostra rete ferroviaria vorrei che non si facesse l’errore di considerare meno necessari quelli stradali, visto che stiamo registrando degli enormi gap in tal senso". Sempre rispetto al passaggio dei trasporti su gomma dalla nostra principale catena montuosa verso il nord del continente, Baumgartner ha voluto sottolineare quanto sia da considerare in termini assolutamente negativi avere ai nostri confini due Paesi limitrofi che rendono difficile questo tipo di  transito delle nostre merci: “La Svizzera non fa parte della Ue e il problema è ampio e complesso, ma l’Austria invece ne è parte attiva e  noi siamo convinti che le varie misure messe in atto da quella nazione nei confronti dell’Italia oggi non siano più consone alle normative dell’Unione, sia in termini ambientali che in materia di libero scambio delle merci e che quindi si dovrebbero esercitare decise pressioni perché vengano cambiate e aggiornate. Il nostro augurio è che il nuovo Governo operi al più preso in tal senso, anche avviando una rapida procedura d’infrazione nei confronti dei nostri ‘vicini’ austriaci". 


Molto interessante anche la sessione successiva incentrata sulla geopolitica nel trasporto e nella logistica, e il panel d’esordio ha trattato il tema “Prospettive e le nuove sfide per lo shipping italiano". A parlarne per primo è stato Mario Mattioli, presidente di Confitarma, la Confederazione Italiana degli Armatori, che ha esordito dicendo che “lo shipping per definizione è un settore considerato difficilissimo da esercitare. Nel mondo, il 90%delle merci viene trasportato via mare, e tutto ciò che è connesso alle spedizioni comporta solo circa il 2,5% delle emissioni nocive, una percentuale di molto ridotta negli ultimi anni. Quindi, tecnicamente possiamo affermare con decisione che per unità di merce trasportata si tratta probabilmente del trasporto da considerare il più sostenibile in assoluto". Guardando oltre i nostri confini Mattioli ha affermato che “quello delle emissioni è un tema mondiale, quindi non ha senso inibire la possibilità a una nave italiana che sta in giro nel pianeta di utilizzare aiuti per migliorare il concetto delle emissioni a livello sistema perché anche quelle prodotte anche in Australia vanno a finire nell’atmosfera e quindi è importante che si facciano vere e proprie analisi di mercato globali, piuttosto che elucubrare ragionamenti ristretti che non portano a nulla di concreto".


Quindi è stato il turno di Zeno D’Agostino, presidente di Espo, l’organismo che rappresenta i porti marittimi degli Stati dell’Unione Europea: ha illustrato il nuovo report messo a punto dalla stessa associazione sugli scenari futuri in epoca di transizione energetica, sottolineando come “i porti ‘stanno cambiando mestiere’, quindi da grandi consumatori di energia si prefiggono di diventare essi stessi produttori di energia", ma per ampliare questa tendenza “occorre assolutamente la disponibilità di spazi maggiori per raggiungere un vero e proprio obiettivo di transizione energetica" partendo dall’assunto che “oggi non è più l’andamento dei traffici a determinare le modalità di evoluzione di un porto, ma piuttosto l’esigenza di investire anche in terminal offshore. Sono dell’idea che in Italia il coraggio per andare in quella direzione ancora non sia così marcato, ma esistono situazioni – come Taranto e Ravenna - che si stanno muovendo, come Taranto, e questo fa ben sperare".


Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento successivo di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale (Adsp) del Mar Ligure Occidentale, secondo il quale “il problema degli spazi nei porti esiste, e naturalmente la situazione è riferibile anche quelli liguri visto che stiamo parlando di strutture millenarie create all’interno di mura di città medievali e in territori connotati da un’orografia particolare". Per Signorini “la vera sfida dei porti italiani che oggi guardano unicamente a un bacino d’utenza interregionale o nazionale è quella di avere la capacità di attrarre volumi di scala superiore e di guardare quindi a un bacino d’utenza che vada ben oltre lo specchio acqueo e il porto di riferimento, arrivando a spingersi oltre anche per migliaia di chilometri in termini di possibili fruitori esterni".


Tiziano Marelli

 

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