Il centro di ricerche Randstad Research Italia (nel nostro Paese dal 2019, RRI fa parte del gruppo olandese Randsad e si occupa di ricerca, selezione e formazione di risorse umane) ha recentemente presentato nella sede polifunzionale di Milano quelle che saranno le nuove figure professionali della logistica, di fatto tracciando quale potrà essere il futuro stesso del settore alla luce dei bisogni di adeguamento strutturale affinché il comparto si possa ‘presentare’ al meglio nei confronti delle sfide che lo attendono nel periodo prossimo venturo. Lo ha fatto diffondendo i dati del rapporto “Trasformazioni del settore e delle professioni nella logistica" alla presenza di alcuni fra gli attori principali che ne compongono l’universo proprio nel nostro Paese partendo dai dati attuali e fornendone una radiografia precisa e puntale.
Anzitutto, è importante sapere e sottolineare che in Italia la logistica conta quasi 1 milione e 200 mila addetti e vanta un valore di oltre 90 miliardi di euro (per l’esattezza: 92,7), cifra che corrisponde al 5,41% del Pil nazionale, ed è quindi evidente quanto sia da considerare settore strategico dal punto di vista economico nazionale complessivo. Oltre metà degli occupati lavora nel trasporto terrestre, ma sono importanti anche i servizi postali e di corriere (28%) e i servizi di magazzinaggio e supporto (16%). Il maggiore valore aggiunto è dato proprio dal trasporto terrestre (51,4%) al quale seguono magazzinaggio e supporto ai trasporti (37,4%). L’occupazione è prevalentemente maschile, visto che gli uomini sono più dell’80% dei lavoratori complessivi. Il 13,1% degli occupati non è di nazionalità italiana, contro il 10,3% del resto dell’economia. Ancora, il 54% ha più di 44 anni, il 30,7% tra i 45 e i 54 anni, e la maggior parte è concentrata nel nord-ovest (29,3%) mentre il centro e il nord-est fanno registrare percentuali simili (circa il 22%). Nel particolare, un quinto è concentrato in Lombardia.
Il settore è fortemente polarizzato: vi convivono imprese di grandi dimensioni che utilizzano in modo intensivo soluzioni tecnologiche avanzate (come robot, AI, droni) e piccole imprese, che fanno più affidamento sulla forza lavoro nelle diverse fasi del processo produttivo. Paradossalmente sono queste ultime ad evidenziare maggiore produttività perché offrono servizi ad altre piccole imprese grazie a una conoscenza capillare dell’economia locale e del territorio e godono di minori costi del lavoro grazie a contratti con remunerazioni più basse e, purtroppo, minori tutele. Un modello che rischia di essere un freno allo sviluppo dimensionale delle imprese.
Una narrazione scontata e riduttiva associa il comparto a una attività logorante e a competenze essenzialmente manuali, rendendolo così poco attrattivo per i giovani che vi si potrebbero accostare. Si tratta di un approccio alla realtà del tutto fuorviante e sbagliato perché la situazione che si va sempre più delineando offre al contrario grandi opportunità di lavoro e in grado di garantire condizioni di sicurezza sempre più soddisfacenti. In più, oltre al bisogno ancora impellente di figure professionali classiche - magazzinieri, responsabili di magazzino, supply chain manager e addetti di magazzino –, entro il 2030 diventa elemento vitale quello di poter contare su profili altamente qualificati.
Le ragioni di questo imprescindibile bisogno di trasformazione sono state ben spiegate da Emilio Colombo, coordinatore del comitato scientifico di Randstad Research Italia: “Digitalizzazione, sostenibilità e demografia impatteranno fortemente sulla logistica che si va costruendo nei prossimi anni: formazione e innovazioni tecnologiche, infatti, sono elementi strategici per attrarre talenti. Per questo la nostra proposta è quella di creare un istituto tecnico dedicato alla logistica nella scuola pubblica che sappia ‘istruire le qualifiche’ formali. È necessario che le imprese facciano maggiormente ‘sistema’ in un settore con catene del valore che si espandono anche a livello globale. Inoltre, è necessario agire sul fronte dei contratti e delle retribuzioni, oltre a migliorare la rete infrastrutturale, che nel nostro Paese risulta particolarmente arretrata".
Quindi non è più procrastinabile un deciso innesto di nuovi professionisti esperti nelle infrastrutture logistiche: saranno richieste competenze di pianificazione e organizzazione degli spostamenti, competenze digitali e ingegneristiche legate alla robotica, all’analisi dei dati, all’automatizzazione dei processi, alle competenze legate alle nuove fonti energetiche e alla sostenibilità. Un universo corposo e inimmaginabile solo fino a poco tempo fa e soltanto in parte già identificato ma che si può definire ancora in fieri, visto l’impetuoso emergere di sempre nuove esigenze date da un’attualità strutturale in continua trasformazione.
Tra le peculiarità più ricercate rispetto a quelli che saranno definibili come veri e propri ‘professionisti dell’innovazione’ sono da considerare imprescindibili anche la capacità di visione d’insieme, lo spirito di iniziativa e di adattamento, l’analisi dei dati: dalla robotica agli oggetti smart e alle automazioni. Fondamentale anche la predisposizione alla trasversalità intesa come senso critico, il ragionamento induttivo e deduttivo, l’individuazione e la risoluzione dei problemi.
Nel
complesso, si tratta di un numero molto più che consistente di nuove figure,
professionisti del futuro ai quali toccherà il compito di portare a termine una
vera e propria rivoluzione nella logistica, una fase che ha appena iniziato a
delinearsi e che potrà accompagnare tutto il settore verso una nuova era. Una
sfida che può essere vinta solo grazie a una miriade di figure professionali in
grado di affrontare le necessità del comparto con approcci del tutto innovativi,
non più rinviabili nel tempo.
Un'analisi più approfondita della ricerca di Randstad Research Italia la trovate qui: