L’Interporto
di Venezia è pronto per ripartire, grazie ad un piano di investimenti da 19
milioni di euro che punta su innovazione e sostenibilità ambientale, ma anche
sulla formazione di nuove professionalità tecnologiche e informatiche che
possano contribuire a renderlo polo
logistico di eccellenza del Nordest e non solo. Sono le prospettive del
sistema portuale di Interporto Rivers Venezia, che sabato 23 ottobre ha
presentato il piano di sviluppo industriale al terminal Intermodale di Marghera
in uno spazio allestito per l’occasione all’interno del magazzino 23 dedicato
allo stoccaggio delle farine.
Inizi in piena pandemia
Una
vicenda travagliata quella dello scalo veneziano, passata attraverso una
richiesta di concordato preventivo e che si era risolta nel febbraio 2020, a
pochi giorni dallo scoppio della pandemia, quando fu salvato dal fallimento con un investimento di 20 milioni di euro da
parte di Rivers Docks, società del Gruppo Orlean Invest Holding, che fa capo a Gabriele Volpi, imprenditore ligure attivo nel campo della
logistica portuale. Solo dopo un anno e mezzo, con la pandemia sotto
controllo e la ripresa delle attività industriali che si consolida, la tanto
attesa presentazione ufficiale a operatori e istituzioni locali. Una
presentazione innanzitutto delle attività internazionali del gruppo, attivo da
alcuni decenni nella gestione di quattro porti in Nigeria ma che ha
recentemente diversificato le sue attività nel food & beverage,
nell’hotellerie e nei media.
Non solo turismo e cultura per Venezia
L’incontro, moderato dal giornalista Fulvio Giuliani, si è aperto con il saluto dell’amministrazione comunale di Venezia, con l’assessore allo sviluppo economico Simone Venturini che ha ringraziato la società per gli investimenti messi in campo, augurandosi di “fare un lungo pezzo di strada insieme". «Serviva un’operazione di rilancio con operatori internazionali qualificati» ha sottolineato Venturini. «Negli anni il porto è rimasto un po’ escluso dalla città, ma questa è una realtà che andrebbe riscoperta, perché Venezia non può vivere solo di turismo e cultura, deve puntare anche sull’industria. Conosciamo quali sono le sfide che vanno affrontate per renderlo più competitivo: i canali vanno manutenuti, le banchine vanno sistemate, serve un grande lavoro di squadra anche se purtroppo negli ultimi anni a livello nazionale non c’è stata la dovuta attenzione verso i porti».
Un terminal di respiro internazionale
L’obiettivo della nuova proprietà è quello di fare di Marghera un terminal multiuso di riferimento sul modello internazionale, offrendo una gestione integrata dell'intera catena logistica, sul modello di quello consolidato da oltre quarant'anni in Africa. A rispondere alla domanda “perché investire su Marghera?" è stato Bruno Savio, presidente di Interporto Rivers. «Perché è inserita in un ambito nevralgico: l'area portuale è un naturale sbocco delle principali direttrici nord-sud, est-ovest per Europa, Mediterraneo, Middle East e Africa. Ed è inserita anche in un territorio industriale ricco, fatto di aziende manifatturiere, della siderurgia, del cemento, dell’agroalimentare».
Tutti i numeri dell’interporto
Il terminal, all’interno del quale lavorano circa 50 dipendenti, può contare su 100mila metri quadri di aree scoperte, 90mila di magazzini e aree coperte, 10mila di uffici. Ha 5 km di raccordi ferroviari, 500 metri di banchina e un pescaggio di 9,75 metri. «È una struttura che si presta a fare quello che sta facendo, cioè la gestione di merci alla rinfusa, soprattutto alimentari e ferrose, ma che deve andare verso l’integrazione di altre attività» ha aggiunto Savio. «Vogliamo essere un hub logistico industriale non solo per lo sbarco e la ricarica, ma anche per la movimentazione merci e vogliamo metterci a disposizione delle Pmi del territorio, che non dispongono di magazzini o strutture proprie».
Un momento dell'evento di presentazione del nuovo piano industriale di Interporto Rivers Venezia
Ancora più magazzini
Un sistema multipurpose sul modello dei porti africani gestiti da Orlean Invest, dove vige un’attività tailor made, in cui il cliente viene servito dall’inizio alla fine. Per questo la società ha messo sul piatto un primo investimento da 9 milioni già in corso, con allo studio un secondo step da 10 milioni, finalizzato ad ampliare i magazzini. «Quest’anno e mezzo è stato molto complicato, ma abbiamo lavorato e realizzato molti progetti. C’è molto da fare, in termini di innovazione di processo e di digitalizzazione. Siamo già impegnati nell’upgrading dei mezzi, con l’acquisto di nuove gru. Possiamo arrivare ad un modello di tracciamento della merce, all’automatizzazione di molte procedure, vogliamo aprirci al mercato del project cargo e del general cargo. L’obiettivo è ampliare, grazie alle tecnologie, l’ambito di attività, ridisegnando anche il layout degli spazi in modo da svilupparci in termini di volumi. Inoltre sarà fondamentale lo sviluppo di professionalità inedite, facendo di Interporto Rivers un polo di ricerca e sviluppo in ambito risorse umane, con la creazione di nuovi posti di lavoro», aggiunge Savio.
E poi gli investimenti in direzione dell’ecosostenibilità e del raggiungimento di un positivo impatto ambientale. Il tutto all’insegna del concetto di “green port", grazie alla realizzazione di un parco fotovoltaico da un megawatt per la produzione di energia pulita e di tecnologie innovative per la green energy, alla bonifica dell’area ex-Eckart e all’acquisto di attrezzature, come benne speciali, che possono ridurre le polveri in fase di sbarco.
Riportare al centro la cultura della logistica
«Quando si parla del porto di Venezia si parla di qualcosa che ha risonanza globale» ha ricordato nel corso dell’incontro Fulvio Lino Di Blasio, presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Settentrionale. «C’è una certa narrazione secondo cui questo porto ha perso competitività, appeal e un certo legame con i grandi trend internazionali» ha spiegato. «Bisogna lavorare sui gap che esistono con altri competitor e certo le recenti decisioni del governo sul sistema crocieristico non hanno aiutato, perché vanno ad impattare anche sul sistema logistico. Ci dev’essere un dialogo continuo con tutti gli attori, e soprattutto è necessario riportare al centro la cultura della logistica, che qui è un patrimonio che ha fatto la storia, un laboratorio di istituzioni sociali e di diritti per i lavoratori. Dobbiamo poi stare attenti al tema dell’aggregazione della domanda» ha aggiunto Di Blasio, «Le piccole e medie aziende tendono ad esprimere un fabbisogno di logistica parcellizzato, ma è solo perché non hanno trovato un ambiente in grado di accogliere le loro esigenze. In questo senso la proposta di creare un’area logistica semplificata può essere una risposta».
Un sistema industriale che chiede rispetto
«Siamo riconosciuti come territorio ad alta vocazione turistica ma la verità è che l’industria produce ricchezza per 38 miliardi di euro all’anno, contro i 2 miliardi del turismo» ha aggiunto il presidente di Confindustria Venezia e Rovigo Vincenzo Marinese. «Le nostre aziende nel 2019 hanno capitalizzato 7,5 miliardi. Mi arrabbio quando sento quale percezione c’è da fuori: tutti pensano che Marghera sia in dismissione ma è occupata all’85%. Quando vedo i porti della Nigeria penso che dietro hanno il deserto, qui invece c’è un sistema industriale forte. E quindi apprezzo l’intuito che ha avuto Orlean Invest e sono convinto che tra 10 anni il gruppo si renderà conto di aver fatto un ottimo investimento».
Verso il porto h24
Di altre sfide che il sistema portuale dovrà affrontare ha parlato poi l’ammiraglio Piero Pellizzari, direttore marittimo del Veneto e comandante della Capitaneria di Porto di Venezia. «Le sfide sono incredibili, e ci sono in primo luogo problemi di carattere infrastrutturale. Ma la principale è che le 20 alzate del Mose dell’anno scorso vengano ridotte: su questo l’Autorità Marittima sta lavorando con gli altri soggetti. E poi c’è l’aspetto manutentivo dei canali» ha aggiunto l’ammiraglio, «perché per noi la sicurezza della navigazione è centrale. Bisogna andare verso il porto h24, anziché il porto “just in time". Su questo Venezia potrebbe essere la punta di diamante a livello internazionale».
Stop all’illegalità
Infine il tema del contrasto alle attività illegali, con i porti che rischiano di essere preda di operatori spregiudicati che puntano sulla concorrenza sleale. Per questo a Venezia esiste, da giugno del 2021, una sede della Procura Europea, nuovo organo giudiziario reso operativo in concomitanza con il lancio del PNRR e che si pone come organo di controllo e di contrasto ai reati che danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione. «Ci occupiamo di reati come truffe ai danni dell’UE per avere fondi o contributi, di contrabbando con mancato pagamento dei dazi, di frodi carosello sul pagamento dell’Iva» ha spiegato Donata Costa, procuratore europeo delegato. «L’imprenditore ha interesse che ci sia il rispetto delle regole, e quindi deve vedere la procura come un amico. La nostra funzione è quella di togliere dal mercato chi danneggia il sistema agendo illegalmente e facendo concorrenza sleale».
di ANDREA FASULO