
Svolta sulle autostrade spagnole: da maggio 2025 alcune tratte sono diventate gratuite, accendendo i fari su una trasformazione che potrebbe riscrivere le regole della mobilità e della logistica su gomma in Europa. Non è ancora la rivoluzione totale, ma il segnale è chiaro: la Spagna preme sull’acceleratore verso una rete stradale più accessibile – e competitiva.
A godere per primi di questo nuovo scenario sono gli autotrasportatori della Radial R-2, cinque chilometri strategici nella provincia di Guadalajara, diventati gratuiti grazie a un’intesa tra la regione Castilla-La Mancha e il Governo centrale. L’obiettivo? Agevolare i flussi verso le zone industriali e dare respiro alle imprese locali.
Ma non è tutto. A Madrid, la R-5 ha sospeso i pedaggi per autobus e pullman in risposta ai lavori sulla A-5: una mossa per incentivare il trasporto collettivo e ridurre il traffico urbano. E nel Levante, la tangenziale di Alicante sulla AP-7 rimarrà libera fino a febbraio 2026, dopo risultati incoraggianti in termini di fluidità e riduzione degli ingorghi in una delle zone più trafficate del Mediterraneo.
Il colpo grosso è però atteso a dicembre 2025, quando scadrà la concessione della AP-68, l’asse Bilbao–Saragozza. Niente più pedaggi su una delle arterie merci più importanti del Paese: un vantaggio concreto per la logistica a lungo raggio tra nord ed est della Spagna.
Il cammino verso la gratuità non è però lineare. Alcune liberalizzazioni dipendono dalla scadenza delle concessioni, altre da scelte regionali. Il risultato? Una mappa in evoluzione, ma ancora a macchia di leopardo. L’AP-6, ad esempio, dovrà attendere il 2029, mentre per le autostrade catalane si parla addirittura del 2039.
Eppure, per chi trasporta merci, ogni tratto gratuito è una boccata d’ossigeno: meno costi, meno deviazioni, più efficienza. Senza contare il potenziale impatto positivo sull’ambiente e sulla sicurezza stradale. Tuttavia, resta un’incognita: senza i pedaggi, come si finanzierà la manutenzione delle infrastrutture? La sfida ora è trovare un equilibrio tra accessibilità, sostenibilità e investimenti.
Una cosa è certa: la Spagna ha lanciato il segnale. Ora tocca al resto d’Europa capire se seguirla sulla corsia preferenziale.