29/03/2012

INFRASTRUTTURE: IL CONSENSO FAVORISCE I TEMPI DI REALIZZAZIONE

In una fase congiunturale europea e mondiale non facile, l’Italia si trova di fronte a una serie di scelte, non più rimandabili, di elevata importanza strategica con riferimento alla propria dotazione infrastrutturale e alla sua integrazione con le reti di trasporto europee e mondiali. La situazione si presenta già in salita in un periodo in cui anche alcuni dei Paesi europei più avanzati sotto questo profilo stanno rivedendo i propri programmi di investimento nel settore. Se la posizione dell’Italia, almeno dal punto di vista geografico, ha sempre presentato e presenta indiscutibili punti di forza oggi nuovamente di attualità nel processo in corso che vede il Mediterraneo nuovamente al centro dei traffici mondiali di merci e passeggeri, oggi la partita si gioca come minimo a livello continentale. Lo stivale rappresenta sì la oramai fantomatica “immensa piattaforma logistica" nel centro del Mediterraneo, ma sono necessari i “rifornimenti": efficienti infrastrutture e servizi di collegamento con il resto della rete europea (valichi alpini, porti, ecc.). Inoltre devono essere affrontate al più presto alcune importanti decisioni relative ai nodi congestionati della rete di trasporto del Paese. Sulle pagine di tutti i media il ritornello ricorrente riguarda, una volta risolte non senza difficoltà le dispute per stabilire quali siano le opere da realizzare in priorità, i problemi legati alle modalità di finanziamento delle opere e le diverse modalità organizzative, dalla progettazione alla realizzazione e alla gestione. Problematiche sacrosante. Ma viene sottovalutato, a mio avviso, il problema principale che è quello legato alla creazione del consenso dei cittadini, che non dimentichiamolo sono anche elettori, in ordine alla realizzazione delle opere, con la creazione della consapevolezza dell’importanza che tali opere rappresentano per l’economia e la ricchezza del Paese. Allo stato attuale un pericoloso freno per alcune realizzazioni, una volta risolti – almeno sulla carta - i problemi finanziari, è rappresentato dalle barriere costituite dai movimenti, associazioni, comitati, più o meno spontanei, ostili - per ragioni non sempre futili o ingiustificate - alla realizzazione di un determinato progetto senza essere necessariamente del tutto contrari all’opera in sé. Tali reazioni, non certo imprevedibili, sono però difficilmente gestibili e spesso dilatano i tempi di consegna e messa in esercizio con conseguenze oggi non più sostenibili in primo luogo dal punto di vista finanziario, senza contare le mancate ricadute economiche dirette, ma soprattutto indirette e indotte derivanti dal ritardo o addirittura, nel peggiore dei casi, dalla mancata realizzazione. Si tratta dei cosiddetti costi del “non fare". Accanto allo studio di nuove ed efficienti modalità di finanziamento e gestione delle opere intravedo quindi un nuovo ruolo del Pubblico: organizzare la partecipazione, la consultazione e l’informazione dei cittadini, al fine di creare una larga base di consenso e, perché no, talvolta, ottenere in cambio suggerimenti o addirittura possibili alternative. E non dobbiamo andare tanto lontano per trarre ispirazione; si pensi alle procedure di enquête publique o di débat public che vengono realizzate in Francia. Certamente, la messa in atto di tali procedure non è esente da rischi in quanto aumentare i diritti individuali o i diritti di qualche gruppo può aumentare il contenzioso; l’interesse comune talvolta è lontano da quello difeso dai gruppi forti. E così via… Credo non esista un’unica e vincente soluzione al problema. Ritengo tuttavia che l’adottare alcuni strumenti di “democrazia partecipativa" possa consentire, se si opera nell’ambito di un processo chiaramente normato dal punto di vista legislativo, di ottenere almeno la certezza dei tempi di realizzazione. Non sarebbe cosa da poco.
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