08/01/2016

Logistica integrata in Italia: ricette per farci competere anche a livello internazionale - di Giuseppe Pascuzzi

Le motivazioni dell’importanza della logistica integrata per l’Italia sono molteplici e vanno dalla struttura del sistema trasportistico e di produzione alla sua favorevole posizione geografica. Purtroppo fino a questo momento si è inquadrato questo sistema produttivo e/o di organizzazione a sé, non considerando il fatto che con l’evolversi della globalizzazione, dei traffici e dei mercato globali, si rischia che non solo si riduca l’import e l’export delle merci in transito nel nostro Paese, ma che ci sia una rilevante calo dell’intero sistema produttivo. Senza la valutazione dettagliata di un orizzonte strategico in grado di sfruttare e valorizzare i possibili vantaggi legati alla collocazione delle sedi portuali e delle aree retroportuali nelle geometrie logistiche internazionali, si rischia di perdere una grossa opportunità d’innovazione e sviluppo favorendo i sistemi direttamente concorrenti. La nostra analisi si pone attraverso lo sviluppo di tre sezioni distinte, avendo l’obiettivo di individuare le inefficienze del sistema logistico-integrato italiano, valutando in seguito possibili azioni e/o interventi migliorativi in grado di dare uno slancio decisivo al settore. In sintesi nella prima parte si analizzano le condizioni dell’armatura trasportistica nazionale da un punto di vista strutturale e funzionale:  è evidenziato come la questione logistica e quindi il gap rispetto agli altri Paesi non si può affrontare solo  dal punto di vista del “gap infrastrutturale", dal malfunzionamento amministrativo e tecnologico delle medesime infrastrutture, ma è necessario capire che il difetto che rallenta la crescita del Paese riguarda l’accessibilità multimodale dei territori, cioè la difficoltà, assoluta e comparativa rispetto ai partner internazionali, di raggiungere i territori a costi competitivi, dove per costi si intendono oneri monetari e non, come i tempi e la qualità dei servizi resi dall’offerta logistica e fruiti dalla domanda. L’ultimo step è stato incentrato sulla politica economica nel settore trasportistico.

 

Inefficacia del network infrastrutturale

La presenza sul territorio del nostro Paese di squilibri fra la domanda riferita alla mobilità e l’offerta di trasporto è sintomo di un chiaro senso d’ inferiorità circa la dotazione infrastrutturale. L’Italia in merito a ciò si colloca in fondo alla classifica dei Paesi appartenenti all’UE relativi agli investimenti fissi nelle infrastrutture e, la contrazione di questi ultimi rappresenta un fenomeno caratteristico dell’economia nazionale, con una riduzione specifica relativa al sistema trasportistico di circa il 50% dal 2000 al 2013. Si veda tabella 1 (allegata) relativa a spesa pubblica fissa nel settore dei trasporti.

 

Asset di trasporto al rallenti

Questa tendenza è confermata anche da un’evidente sotto dotazione strutturale complessiva del Paese, dovuta principalmente a un lentissimo rafforzamento delle principali reti di collegamento, che diversamente in altri Paesi è stato molto più rapido e intenso. Sostanzialmente negli ultimi anni i principali asset di trasporto hanno perso progressivamente competitività e quote di mercato sia rispetto ai suoi tradizionali competitor, che alle economie emergenti del Mediterraneo. Si veda figura 2 - ampliamento in percentuale delle principali reti di trasporto (rete autostradale, rete ferroviaria Av).


E' tempo di metter mani a porti e aeroporti

Negli elementi generanti questo trend negativo c’è da includere una mancata riorganizzazione sia del nostro sistema portuale che aereoportuale.

La portualità è da tempo al centro del dibattito politico e parlamentare non solo nazionale, ma anche europeo, questo perché la regolamentazione delle attività economiche e delle condizioni di lavoro stentano a trovare impianti giuridici condivisi. Le direttive europee in materia di servizi portuali, così come la riforma della legge n. 84 del 1994 nazionale sulle attività portuali, si infrangono nei veti contrapposti e vengono rinviate di legislatura in legislatura. Nonostante ciò i porti sono un asset fondamentale per l’Europa e gli Stati membri, in quanto rappresentano un passaggio obbligato per chiunque voglia accedere ai mercati terrestri dal mare, il cui numero è ridotto e per certi versi difficilmente ampliabile per ragioni morfologiche, infrastrutturali e tecnologiche; all’interno di tale passaggio transitano non solo le opportunità (merci e business), ma anche i rischi (safety & security); l’innovazione tecnologica dei vettori e delle infrastrutture e la potenza degli strumenti di ICT possono migliorare la gestione dei traffici. Il nostro sistema portuale si colloca al 3 ° posto dopo quelli olandesi e britannici, con una quota di traffico che si aggira intorno al 13% del volume complessivo di merci in transito nei porti continentali. Nell’anno 2014 il traffico merci movimentato nei porti nazionali ha registrato un calo rispetto all’anno precedente (-6%) dovuto al protrarsi della crisi economica, che ha riportato i volumi di traffico ai livelli del 2009. Se si analizzano questi dati emerge che il segmento dei contenitori nel suo complesso non raggiunge i livelli fatti registrare dal principale porto europeo (Rotterdam), che si attesta oltre i 12 milioni di container, mentre il complesso dei porti italiani supera di poco i 10 milioni di tali unità, e allo stesso tempo, se da una parte si può rilevare una sostanziale tenuta dei porti nazionali gateway (di destinazione finale della merce), dall’altra non si può nascondere la grave caduta dei porti di transhipment (Gioia Tauro, Taranto). Si veda tabella 3 - andamento del traffico container in Italia e nei principali porti del Nord-Europa

 

Impedimenti alla crescita portuale italiana

Le ragioni delle modeste  performance del nostro sistema portuale non possono essere attribuite al semplice ritardo infrastrutturale, che senz’altro esiste, ma sono più che altro dovute a una serie di impedimenti e di rallentamenti che nel loro insieme ne limitano le potenzialità. Si potrebbe parlare in generale di alcune operazioni necessarie ad effettuare l’import e l’export delle merci: la predisposizione dei documenti amministrativi, le operazioni doganali e i controlli (sanitari, biologici, ecc.); il carico e lo scarico dei container dalla nave e /o delle merci in generale; le attività di gestione dei container in porto; le attività logistiche e di trasporto necessarie per trasferire i container dal porto alla destinazione finale.

 

Merci "disallineate" negli aeroporti

Come già accennato in precedenza anche il nostro sistema aereoportuale necessità di un’adeguata revisione di in termini strutturali che organizzativi. Infatti da un attento esame delle dinamiche settoriali emerge come sia la conformazione del traffico che gli standard di accessibilità infrastrutturale sono fortemente disallineati. Nel primo caso si delinea una forte concentrazione degli spostamenti all’interno dell’area lombarda per quanto riguarda il segmento cargo (il 68% del traffico è realizzato dal sistema degli aeroporti milanesi - Malpensa, Linate e Orio al Serio), mentre il traffico passeggeri è più articolato e distribuito nei primi due poli nazionali di Roma (Fiumicino e Ciampino) e di Milano (Malpensa, Linate e Orio al Serio) che raccolgono poco più della metà del traffico movimentato negli aeroporti italiani (52,7%); In termini di accessibilità invece risulta un’intensa  concentrazione nell’area padana per quanto riguarda le merci, mentre vi è una più razionale  distribuzione  per quanto riguarda il traffico passeggeri con due importanti polarizzazioni territoriali coerenti con la distribuzione della popolazione.

 

Ripercussioni sull'economia

In generale, la logistica presenta molteplici dimensioni (la disamina di tempi e dei costi associati ai processi logistica, procedure portuali, sdoganamento, trasporto ecc.), che pur rappresentando un approccio immediato, in molti casi non possono essere facilmente aggregate in un unico, coerente set di dati di fondo, a causa delle strutturali differenze delle catene di approvvigionamento presenti nei singoli Paesi Ue. Inoltre molti elementi critici come la trasparenza dei processi e la qualità del servizio, la prevedibilità e l’affidabilità non possono essere valutati utilizzando solo le informazioni sui costi e sui tempi. Per tali ragioni è necessario utilizzare un indice sintetico, come il Logistic Performance Index (LPI) elaborato dalla Banca Mondiale, che consente di confrontare il sistema della logistica dei trasporti, in termini di performance, per un numero molto elevato di Stati. E’ uno strumento di benchmarking che misurando tramite specifiche dimensioni (efficienza dello sdoganamento delle merci; qualità delle infrastrutture per il commercio e i trasporti;  facilità di organizzare le spedizioni a prezzi competitivi;  competenza e qualità dei servizi della logistica; capacità di monitorare e tracciare le spedizioni;  frequenza con cui le spedizioni raggiungono i destinatari entro tempi di consegna  programmati o previsti) le prestazioni lungo la catena logistica all’interno di un paese e tenendo conto del confronto tra 160 paesi, permette di identificare sfide ed opportunità tese a migliorare le prestazioni logistiche. Si veda la tab.4- Il Logistic Performance Index (LPI) nel 2014

L’Italia occupa il 19° posto della graduatoria dei Paesi considerati nel confronto, piuttosto lontana dalle posizioni di vertice occupate quasi interamente dai Paesi nordeuropei, una posizione poco confortante anche in considerazione del notevole sviluppo delle coste italiane (oltre 8mila chilometri) che lascerebbero supporre un maggiore sfruttamento e una migliore infrastrutturazione delle vie marittime, almeno pari a quello delle altre economie avanzate.

 

Deficit nei processi organizzativi e attuali sviluppi

Le ragioni della sconnessione del Paese sono in buona parte dovute ad una scarsa integrazione tra l’evoluzione del tessuto e stato dell’intelaiatura trasportistica. Tale limite ha determinato un grave arretramento dell’industria che si muove intorno ai servizi logistici e di trasporto che a loro volta si sono sviluppati su modelli organizzativi e sistemi tecnologici poco avanzati che ne limitano le performance. Tale livello d’inadeguatezza del quadro infrastrutturale nazionale e nello specifico di una ridotta accessibilità digitale deve essere superato tramite l’introduzione di processi rivolti allo spostamento e alla gestione logistica delle merci, ne sono un esempio il Port Management Information System (PMIS), AIDA (Automazione Integrata Dogane Accise, Intelligent Transport System (ITS), piattaforma Integrata della Logistica (PIL), Port Community System (PCS), sistemi informatici di comunicazione e di controllo in grado di  agevolare e accelerare procedure e attività.  Si tratta di progetti estremamente importanti, competitivi e di livello internazionale che però dovrebbero espandersi in modo omogeneo e tramite una regia comune. In aggiunta a ciò sarebbe opportuno intervenire specificamente su ogni singola modalità di trasporto, cercando in generale di migliorare l’intero sistema di integrazione logistica.

 

di Giuseppe Pascuzzi (ingegnere civile)

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