09/05/2022

Marco Geremia, country GM di CHEP Italia

CHEP è società multinazionale di origine australiana per la produzione di pallet, casse e contenitori riutilizzabili - presente in 60 Paesi, in modo particolare in Nord America ed Europa Occidentale - attiva principalmente nel comparto dei beni di largo consumo: alimenti secchi, generi ortofrutticoli, di drogheria, bevande, articoli sanitari, per la cura personale, beni provenienti da industria manifatturiera. L’azienda svolge il ruolo di “pioniere della sharing economy", avendo creato un gruppo logistico molto attento alla sostenibilità, grazie alla condivisione e al riuso delle sue piattaforme secondo un modello noto come ‘pooling’, sistema che segue i principi dell'economia circolare e crea catene di approvvigionamento più efficienti e sostenibili riducendo i costi operativi e la domanda di risorse naturali.

 

 

Punto di forza di CHEP è dato dal fatto che i pallet e le piattaforme dopo l’uso vengono ritirate per essere ispezionate, ricondizionate nei centri assistenza e rispedite nuovamente nella catena di fornitura. A livello planetario CHEP conta circa 11.500 dipendenti, è dotata di circa 345 milioni di pallet, casse e container di proprietà all’interno di una rete di oltre 750 centri di assistenza, supportando più di 500.000 punti di contatto.

 

 

Policy aziendale perseguita è quella di “credere fermamente nel potere dell’intelligenza collettiva attraverso la diversità, l’inclusione e il lavoro di squadra". L’ultimo bilancio a livello mondiale ha superato i 5 miliardi di dollari. In Italia CHEP è attiva da circa trent’anni, è società leader di mercato con sede centrale a Milano, disponendo anche di centri di magazzino e deposito in varie parti del Paese. Alla chiusura dell’anno fiscale il fatturato realizzato toccherà circa 130 milioni di dollari, con una crescita rispetto ai 12 mesi precedenti stimabile fra il 5 e il 10%. Gli addetti diretti nel nostro Paese sono 75, oltre a quelli che riguardano l’indotto per le attività di rimessaggio.

 

 

Marco Geremia, in azienda da un decennio, circa un anno fa è stato nominato country general manager di CHEP Italia. A Geremia - 46 anni, laureato in Economia Politica e con un master in Innovazione presso l'Università di Bologna, con esperienze in Nomisma e in aziende nazionali operanti in diversi settori, dallo sviluppo industriale alla logistica - abbiamo rivolto alcune domande.

 



Marco Geremia

 

Possiamo ripercorrere la storia di CHEP, dalla nascita in poi?

L’azienda ha una storia che si sviluppa sulle grandi distanze e che parte da l’Australia durante la seconda guerra mondiale, quando l'esercito americano ha spostato milioni di tonnellate di rifornimenti imballati su pallet di legno. Nessuno sapeva cosa fare con loro. Il governo australiano decise di trasformali in una risorsa creando un corpo chiamato Commonwealth Handling Equipment Pool, o CHEP in breve. Le aziende non dovevano più gestire i propri pallet; venivano condivisi e riutilizzati attraverso il pool più ampio di CHEP. Poi ha incontrato grande attenzione in Europa e America negli ultimi 40 anni e da allora la crescita è sempre stata costante. Forniamo un servizio che trova riscontro sul mercato e comporta efficienza sulle attività produttive grazie all’adozione di standard di sempre maggiore sicurezza. Dopo aver attratto le grandi aziende italiane del settore del grande consumo ci siamo allargati nel servizio anche ad aziende medie e piccole. Nostro compito principale è quello di supportare al meglio la clientela in un sistema sempre più complesso per “fare sinergia" insieme: un tema molto sentito, dati i trend economici attuali.

 

 

Si parla molto di “ridisegno" del concetto di globalizzazione alla luce di quanto messo nudo dalla pandemia, e questa è una delle grandi sfide che sta toccando il settore della logistica. Come affrontate problematiche così complesse?

Lo facciamo cercando di anticipare i fabbisogni e le scelte dei nostri clienti per essere pronti a supportarli e ad essere proattivi rispetto alle sfide, attuali e future. Dopo lo shock della pandemia la globalizzazione ha assunto una connotazione diversa rispetto agli ultimi decenni, anzi si parla proprio di un suo superamento così come era stata intesa finora. Ci siamo resi conto che delocalizzare può essere antieconomico perché i costi di trasporto sono saliti vertiginosamente. La crescita dell’economia mondiale con la traduzione di pratiche di allontanamento dai centri di consumo non funziona più. La pandemia ha dimostrato che il ricorso a magazzini centralizzati  non è più la soluzione ottimale, quindi bisogna rivedere il sistema puntando a una flessibilità maggiore.

 

 

E quindi cosa proponete?

Per quanto detto CHEP propone ai suoi partner la possibilità di raggiungere i loro clienti adottando un sistema monodirezionale, grazie a un supporto per la movimentazione avanzata e automatizzata, e siamo noi ad occuparci di quella parte del business. È per questo che riteniamo il nostro servizio una sorta di spina dorsale essenziale del sistema distributivo nel suo complesso. Poi è arrivata la pandemia che ha colto tutti di sorpresa. È successo anche a noi, ma posso affermare che CHEP ha affrontato al meglio la situazione perché siamo stati in grado di supportare il sistema Italia fornendo un servizio per la catena di alimentazione dei beni primari e sui beni di consumi, soprattutto nel 2020 quando lo shock procurato dal covid si è rivelato del tutto inatteso. Noi abbiamo saputo supportare le situazioni industriali che hanno a che fare con i nostri servizi, sostenendo al meglio i cambiamenti di volumi distributivi che ne sono seguiti, rendendo possibile questa difficile fase di transizione.

 

 

Recentemente, un altro motivo di crisi del vostro settore è dato dallo scoppio della guerra…

I fattori di criticità dovuti al conflitto in Ucraina si sono moltiplicati. Nel 2021 l’economia planetaria si si è mossa fra chiusure e riaperture, e noi abbiamo dovuto saperci adattare. Ora la situazione di guerra tocca alcune materie prime. Pensiamo ai costi dell’energia, oppure ai problemi del mondo conserviero fra costi d’imballaggio, di trasporti e di carburante. Siamo costretti ad agire in un contesto connotato da un aumento dei consumi assolutamente altalenante. Una situazione molto più complessa, in movimento e ancora da comprendere fino in fondo. Non smettiamo di calibrarci continuamente per non farci trovare impreparati.

 

 

E in tutto questo il problema connesso al bisogno di sostenibilità è sempre più marcato e sentito. Voi come lo state affrontando?

Anzitutto ci basiamo sul riutilizzo di un parco attrezzature all’interno di una collettività di soggetti in grado di garantire il riutilizzo delle nostre piattaforme: questo modello è quindi intrinsecamente sostenibile, perché ancor meglio del riciclo tutto questo garantisce il pieno utilizzo delle risorse. Si tratta quindi di un modello di economia circolare, al quale aggiungiamo il tema di accorpare volumi, quindi ottenere tratte di trasporto efficienti e a carico completo. In questo modo semplifichiamo il rapporto fra domanda e offerta di beni gestendo il parco di pallet a livello territoriale. Per esempio, se abbiamo un cliente che spedisce un carico di acqua minerale o carta igienica nel sud del nostro Paese, facciamo in modo che le piattaforme vengano poi riutilizzate nello stesso territorio per un cliente che deve effettuare una spedizione al nord Italia. La stessa cosa vale anche per i trasporti di più lunga distanza, e così facendo possiamo ridurre i chilometri a vuoto e le emissioni di CO2. In più, abbiamo un programma di sostenibilità molto ambizioso: ha lo scopo di creare catene di approvvigionamento rigenerative. In sostanza vogliamo passare da un approccio orientato a ridurre  l’impatto negativo delle attività ad un modello che punta a creare un impatto positivo sul pianeta e sulla società.

 

 

Vogliamo sintetizzare i vostri obiettivi in tema di sostenibilità?

Le tre aree principali dei nostri obiettivi di sostenibilità per il 2025 si concentrano su:

Planet: abbiamo già raggiunto l'obiettivo di diventare carbon neutral nelle nostre operazioni e ora  miriamo a ridurre anche le emissioni dei nostri clienti e fornitori. Dopo aver raggiunto la deforestazione zero (il 100% del nostro legno proviene da foreste certificate sostenibili) ora ci impegniamo per la riforestazione. Promuoveremo la crescita sostenibile di due alberi per ogni albero che utilizziamo per produrre i nostri pallet.

Business: espanderemo il nostro modello circolare e le nostre collaborazioni a più clienti in più regioni, e lavoreremo per diventare un luogo di lavoro più inclusivo .

Comunità: continueremo a collaborare con i banchi alimentari per servire cibo recuperato  a milioni di persone. Inoltre, sosterremo e formeremo  circa un milione di persone affinché diventino responsabili del cambiamento dell'economia circolare

 

 

Alla luce di tutto questo, come vi immaginate il futuro prossimo per il vostro ambito d’interesse economico?

Stiamo studiando i possibili scenari che verranno, guardiamo con molta attenzione il panorama che si sta prefigurando e siamo molto affascianti da diversi trend che stanno prendendo piede, anche se non sappiamo quali saranno quelli prevalenti. Ci aspettiamo però una forte trasformazione tecnologica in tutti i sistemi economici, e vogliamo assolutamente farne parte, anzi esserne uno dei principali soggetti guida. Questo significa favorire una digitalizzazione più estesa, “spinta" grazie a numerosissimi processi in divenire. Si tratta di un’eventualità che possiamo sostenere grazie al fatto che possiamo vantare una gestione dati estremamente importante attualmente già in fase avanzata perché legata ai nostri molteplici scambi economici, grazie anche al fatto che possiamo vantare una grande visibilità nel mondo del largo consumo, potendoci considerare società leader nel nostro settore.

 

Vogliamo scendere nel particolare?

In particolare, nel panorama del consumo ci aspettiamo che l’e-commerce compia un ulteriore salto quantitativo e significativo, fra l’altro in un contesto molto più sviluppato, e quindi in parte tutto ancora da scoprire. Il consumatore tipo subirà una decisa trasformazione nei prossimi dieci anni, facendo del consumo fuori casa parte del proprio stile di vita, e questo cambierà molto in tema di abitudini food (in un rapporto realizzato recentemente per conto di Coop, Nomisma definisce questa situazione come “food revolution" prossima ventura), soprattutto per quanto riguarda l’abbattimento degli sprechi anche in termini di packaging. Credo che i nostri sistemi operativi potranno permettere alle aziende di accedere a forme nuove di collaborazione destinare ad abbattere il superfluo in termini di spazi e strutture di movimentazione, perché sarà sempre più evidente che in un mercato di quel tipo mantenere piattaforme esclusive per la distribuzione capillare brandizzate diventerà ridondante e sarà necessario operare in termine di sistema. Ancora, le flotte camion dovranno essere utilizzate come soglie di carico accessibili per essere sempre concepite a pieno carico. Questi sono solo degli esempi, ma quello che ci immaginiamo è il raggiungimento di una totale collaborazione fra i diversi interpreti della filiera logistica: un obbligo imprescindibile, direi, per quello che ci aspetterà in un domani non troppo lontano. Noi vogliamo essere pronti per ascriverci fra i protagonisti di quelli che senz’altro si riveleranno come i nuovi (e obbligati) scenari economici, e faremo di tutto per raggiungere questi obiettivi.


Tiziano Marelli


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