08/04/2019
Passionale come l’amore, tradizionale come il pranzo della domenica,
popolare come il calcio. Il vino per gli italiani è molto più di un asset del made in Italy: è un collante
tra generazioni che coinvolge quasi 9 cittadini su 10 in tutto lo Stivale.
L’indagine Mercato Italia - Gli
italiani e il vino, realizzata da Vinitaly con l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor e
presentata alla Fiera di Verona in apertura della 53ª edizione del salone internazionale dedicato
al vino e ai distillati, traccia il profilo dell’approccio al vino e dello stato di salute del mercato interno
del primo Paese produttore al mondo.
Si beve meno – il 26% di volumi ridotti rispetto a vent’anni
fa – ma lo fanno praticamente tutti e in modo più responsabile: la media è di 2-4 bicchieri a
settimana, consumati soprattutto in casa (67%) in particolare dai baby boomers (55-73 anni, al 93%),
ma è rilevante la quota di tutte le generazioni, con i millennials (18-38 anni) che evidenziano già un
tasso di penetrazione pari all’84%. Dato in aumento sia a casa che nel fuori casa. Si beve meno,
dunque, ma il mercato del vino tiene e produce un valore al consumo che, secondo l’analisi, è
stimato dall’Osservatorio in 14,3 miliardi di euro (dato 2018).
MERCATO INTERNO: VALORE AL CONSUMO DA 14,3 MILIARDI (+2,8% A VALORE)
Un mega-vigneto da 650mila ettari, con 406 vini a denominazione, 310mila aziende e soprattutto
un valore al consumo del mercato interno che l’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor
stima nel 2018 in 14,3 miliardi di euro, per un volume di vino venduto pari a 22,9 milioni di ettolitri.
Rispetto al 2017 si registra una crescita del 2,8% a valore a fronte di una sostanziale stabilità a
volume (-0,4%). Nel confronto tra i top mercati per valore dei consumi, l’Italia si posiziona al 4° posto
dopo USA, Francia e Regno Unito. Per il presidente di Veronafiere Spa, Maurizio Danese: “Per la
prima volta abbiamo stimato il valore al consumo del primo mercato al mondo per i nostri
produttori. Il dato, che supera i 14 miliardi di euro, la dice lunga su quanto il settore impatti non
solo sulla filiera ma anche sui servizi e sull’Horeca".
TRADIZIONE E CULTURA, TRA VECCHIE E NUOVE PREFERENZE
Per la maggior parte degli intervistati il vino è tradizione, eleganza e cultura, al contrario dei
superalcolici, associati a divertimento e monotonia, o della birra, dove prevale il matching con
amicizia e quotidianità. “Per gli italiani il vino va oltre lo status symbol – commenta il direttore
generale di Veronafiere Spa, Giovanni Mantovani –, rappresentando un tassello fondamentale della
cultura tricolore, al contrario di altri Paesi consumatori. E Vinitaly è un brand riconosciuto come
bandiera: tre italiani su quattro conoscono infatti la nostra manifestazione, dato che sale al Nord,
per l’81%, e tra gli italiani con un alto livello di scolarità e reddito. Una notorietà del brand non fine
a se stessa – continua il dg – perché Vinitaly ha l’obiettivo di parlare attraverso tutti i canali possibili,
per creare un rapporto sempre più coeso tra il mondo dei produttori e quello dei consumatori. In
questi anni abbiamo investito quasi cinque milioni di euro nello sviluppo digital e la nostra sarà la
prima manifestazione che userà queste potenzialità".
E se è vero che il vino rosso rimane il favorito in tavola, lungo la Penisola cambiano le preferenze
sulla base di vecchie e nuove abitudini al consumo e della vocazione delle diverse aree vitate. Chi
beve vino rosso lo fa nella metà dei casi almeno 2-3 volte la settimana mentre per le altre tipologie
il consumo è più episodico, in particolare nel fuori casa. Nelle città metropolitane, dove il tasso di
penetrazione è uguale o leggermente superiore alla media italiana (91% a Napoli contro 88% in
Italia) e si abbassa l’età media dei consumatori, Roma beve molto più vino bianco rispetto alla media
italiana (25% vs 18%) mentre a Napoli i rossi dominano nelle preferenze e a Milano lo sparkling
presenta punte di consumo ben superiori alla media, come pure i rosati nei capoluoghi meneghino
e partenopeo.
Un rapporto edonistico – quello tra gli italiani e il vino – fatto di soddisfazione dei sensi più che di
conoscenza, con solo un quarto dei consumatori che si dice in grado di riconoscere ciò che sta
bevendo. Quota quella degli ‘esperti’ che sale nei maschi (33% contro il 18% delle donne), nel Nord-
Ovest (31%) e in maniera direttamente proporzionale al reddito (45%) e alla scolarità (laureati al
39%). Tra i criteri di scelta, il territorio di produzione la spunta su denominazione e vitigno. Assieme
sommano il 61% delle risposte e si rivelano molto più importanti di prezzo, brand aziendale, consigli
di sommelier e caratteristiche green. Tra i ‘saranno famosi’ nei prossimi 2-3 anni, i consumatori
indicano invece gli autoctoni (28%), i biologici (19%), i vini veneti, piemontesi, toscani, pugliesi e
siciliani e quelli leggeri, facili da bere e da mixare. Vino nel bicchiere ma anche in campagna, con il
23% degli italiani che hanno fatto una vacanza/escursione in un territorio del vino e solo il 18% che
esclude questa possibilità in futuro. Tra le mete più ambite, stravince la Toscana con il Chianti e
Siena, poi Piemonte (Langhe e Asti) e il Veneto.
REGIONI: NORD IN TESTA PER CONSUMI E CONOSCENZA
“L’indagine realizzata sul consumatore italiano di vino – ha detto il responsabile di Nomisma Wine
Monitor, Denis Pantini –, è stata declinata in profondità per aree, regioni e grandi città, un dettaglio
necessario per capire a fondo le tendenze che si stanno delineando nel mercato nazionale. Un
mercato che non va trascurato, non solo per il valore che esprime ma per il fatto che la brand
reputation dei nostri produttori e dei nostri vini – da far poi valere sui mercati esteri – si costruisce
innanzitutto in Italia". Il quadro indagato dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor – che
ha realizzato anche focus su 6 regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte, Toscana, Campania e Sicilia) e
3 città (Roma, Milano e Napoli) – rende un’Italia del vino abbastanza uniforme nelle abitudini al
consumo, con una lieve prevalenza al Nord, dove anche si concentra una maggior conoscenza del
prodotto. Vola, in particolare in Lombardia e Veneto, il consumo di spritz (attorno al 40% nel fuori
casa) e più in generale dei vini mixati nelle grandi città, dove è maggiore anche la propensione alla
vacanza enoturistica, in particolare a Milano (36%). Il rosso, primo tra i consumi, domina al Sud, in
Piemonte e in Toscana, mentre in Veneto è altissima l’incidenza degli sparkling. Più marcate le
differenze sulla conoscenza dei grandi vitigni: chiamati a indicare la provenienza regionale di
Amarone della Valpolicella, Brunello di Montalcino e Franciacorta, solo 1 italiano su 4 risponde
correttamente, in una geografia delle risposte che premia i veneti (38% di risposte senza errori),
seguiti da Lombardia (34%), mentre fanalini di coda sono la Sicilia e la Campania, dove la soglia si
abbassa a circa 1/5 dei rispondenti.
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