29/06/2015

”FEEDING THE PLANET: IL CONTRIBUTO DELL’ECONOMIA MARITTIMA”

A Milano, presso la Camera di Commercio, si è tenuta la presentazione del rapporto ‘Feeding the Planet: the Maritime Economy Contribution’, realizzato dalla Federazione del sistema marittimo italiano assieme a D’Appolonia (Gruppo Rina) per la parte internazionale e al Censis per quella italiana. “E’ con grande soddisfazione che presentiamo e che lo facciamo a Milano, principale centro economico italiano, in connessione con Expo 2015 - ha detto il presidente della Federazione Paolo d’Amico - E’ importante essere qui e sottolineare come il mondo del mare sia un fattore di sviluppo anche per l’industria agro-alimentare, fiore all’occhiello della nostra economia. Il rapporto evidenzia come le attività marittime svolgano un ruolo fondamentale nell’assicurare l’alimentazione mondiale con efficienza energetica e sostenibilità ambientale. Quello marittimo è il 65% del trasporto globale di cibo e le emissioni di CO2 corrispondenti sono solo pari al 12%. Ogni tonnellata trasportata viaggia per oltre 5.500 miglia (10.500 km). Il commercio marittimo assicura l’interscambio di merci agricole e alimentari, mettendo in comunicazione aree continentali altrimenti isolate e obbligate solo a scambi terrestri. Le attività marittime servono il 90% del commercio mondiale, che nell’ultimo decennio è cresciuto da 6 a 10 miliardi di tonnellate e salirà nel 2030 a 17 miliardi. L’integrazione tra le varie aree del pianeta e il loro sviluppo, non sarebbero possibili senza il contributo del mare". 

Ha preso quindi la parola Andrea Maria Ferrari (responsabile unità Trasferimento tecnologico di D’Appolonia), che ha illustrato il quadro mondiale dei traffici marittimi di beni agricoli e alimentari e della produzione ittica. E’ stata poi la volta del segretario del Cenis Giorgio De Rita, che ha presentato la materia con riferimento al mercato italiano. Sono poi seguite due tavole-rotonde, che hanno visto la partecipazione di Giorgio Balzaretti, consigliere della Camera di commercio di Milano, Lorenzo G. Bellù, responsabile Studi sulle prospettive globali della Fao, Khouloud Boughlala, consigliere economico dell’ambasciata del Marocco, Luca Florenzano, direttore Marine Claims della SIAT (gruppo Unipol SAI), Riccardo Fuochi, presidente dell’International Propeller Clubs – Port of Milan, Paola Imperiale, coordinatrice Mare del ministero degli Affari esteri, Umberto Masucci, vicepresidente della Federazione del Mare; nonché di Felicio Angrisano, comandante generale delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera, Luigi Giannini, vicepresidente di Federpesca, Irene Rizzoli, titolare di Delicius Rizzoli SpA, Roberto Zucchetti, coordinatore area Trasporti di Certet - Università Bocconi. 

COSI' IL MERCATO INTERNAZIONALE...
Il trasporto marittimo di merci alimentari ha raggiunto 5.800 miliardi di tonnellate-chilometro (unità di misura del trasporto che definisce non solo il peso delle merci, ma anche le distanze da esse percorse). I volumi trasportati via mare contano oggi circa 100 milioni di tonnellate di alimenti deperibili (carne e pollame, frutta e verdura, pesce, latticini, altre categorie) e circa 400 milioni di tonnellate di granaglie (frumento, altri cereali, soia). I container refrigerati (reefer) sono il 14% del numero globale di teu. Sui 100 milioni di tonnellate deperibili trasportate via mare, il 76% è trasportato in reefer. Il trasporto via mare di granaglie è aumentato del 3.2% su base annua. La produzione globale di pesce è pari a 160 milioni di tonnellate e
il volume globale dell’import-export ha raggiunto 58 milioni di tonnellate, con un picco di valore pari a 130 miliardi di dollari (Fonte d’Appolonia) 

... E QUELLO ITALIANO
I flussi di prodotti agro-alimentari diretti all’estero sono pari a circa 22,5 milioni di tonnellate, per 34,3 miliardi di euro. Gli armatori italiani svolgono un ruolo di rilievo a livello mondiale, con 264 navi da carico secco alla rinfusa o containerizzato utilizzabili per queste merci e oltre 8,2 milioni di stazza lorda. Il trasporto di prodotti agro-alimentari attraverso i porti italiani ammonta a 26,2milioni di tonnellate (7% del totale delle merci movimentate per via marittima). I traffici marittimi internazionali sono il 72%, per 18,9 milioni di tonnellate, a fronte di 7,3 milioni di tonnellate che da porti italiani si imbarcano verso altri porti del Paese. Quattro sono i porti di riferimento, in termini di volumi: Ravenna, che con quasi 3,5 milioni di tonnellate movimentate è l’hub incontrastato dell’agrifood, Livorno (2,8 milioni), Venezia (2,5 milioni), Gioia Tauro (2,4milioni). Chioggia, Bari e Ancona, pur presentando volumi inferiori,sono i porti a maggiore vocazione agricola e alimentare, con una quota di queste merci sul totale che varia tra il 43,4% al porto di Chioggia, il 41,6% in quello di Bari e il 32,5% ad Ancona. Sotto il profilo della pesca, l’Italia occupa la sesta posizione continentale in termini di produzione di pesce, con 363 mila tonnellate (il 6,2% del totale). Forte è il trend dell’acquacoltura (+9,1%), che oggi sfiora il 45% del prodotto, con quasi 163 mila tonnellate. (Fonte Censis) 

SINTESI DEL RAPPORTO
L’economia marittima gioca un ruolo centrale nel supporto all’alimentazione del pianeta. Il mare fornisce direttamente cibo, sotto forma di pescato (sia da cattura che da acquacoltura) e al contempo il trasporto marittimo garantisce la disponibilità di alimenti in tutto il mondo, in maniera costo-efficace e sostenibile. Il trasporto marittimo è un eccellente motore per il processo di globalizzazione: su un totale di 12 miliardi di tonnellate si stima che l’80% dei beni in volume (9,6 miliardi di tonnellate) e il 70% per valore viaggino via mare, transitando attraverso i porti di tutto il mondo. Tenendo in conto i generi trasportati, che contribuiscono al valore globale nei diversi modi, sorprendentemente il trasporto marittimo contribuisce all’emissione di solo il 12% dei gas-serra rispetto al totale. Sul totale di merci spostate via mare, è possibile estrarre un eloquente dato di 5.800 miliardi di ton-km per gli alimenti, valore mediato sulle tratte più importanti per i diversi generi alimentari. In valori assoluti, i volumi di cibo trasportati via mare contano oggi circa 100 milioni di tonnellate di alimenti deperibili e circa 400 milioni di tonnellate di granaglie. I primi sono trasportati, nel rispetto della catena del freddo, sia in contenitori refrigerati, che alla rinfusa in navi refrigerate; le granaglie sono trasportate alla rinfusa in navi bulk carrier. Cina ed Africa saranno responsabili rispettivamente del 32% e del 19% delle importazioni globali di cibo entro il 2050, per poter sfamare popolazioni che crescono numericamente ed evolvono le proprie esigenze verso una maggiore varietà e globalizzazione. Tali proiezioni sono pari a 8000 miliardi di ton-km e 500 milioni di tonnellate per la Cina, e 4700 miliardi di ton-km e 320 milioni di tonnellate per l’Africa. Il trasporto internazionale di beni a temperatura controllata ha seguito l’incremento del trasporto di generi alimentari, testimoniando al contempo un’evoluzione dal trasporto alla rinfusa refrigerato a quello in container refrigerati (reefer), che oggi costituiscono il 14% del numero globale di teu. Una quantità di oltre 800 miliardi di ton-km costituisce il dato globale di trasporto marittimo per diversi generi deperibili, pari a un volume complessivo di circa 100 milioni di tonnellate, suddivise fra carne e pollame, frutta e verdura, pesce, latticini ed altre categorie. Su questi, il 76% è trasportato in reefer; il rimanente, in costante diminuzione, come carico bulk in navi refrigerate. Il trasporto via mare di granaglie è aumentato del 3.2% su base annua, arrivando ad un totale di circa 400 milioni di tonnellate di grano e soia nel 2013, per un valore complessivo di 5.000 miliardi di ton-km. La Cina ha più che raddoppiato il volume di grano importato fra il 2012 e il 2013: da 9.1 a 19.8 milioni di tonnellate, collocandosi al sesto posto dopo Giappone, Egitto, Sud Corea, Messico e Arabia Saudita. Il più importante esportatore al mondo sono gli USA. 

RUOLO DEL PESCATO 
La produzione globale di pesce è pari a 160 milioni di tonnellate. La crescente importanza del ruolo del pesce nella nutrizione dell’uomo si può evincere dalla crescita della produzione di pesce, assestata su un valore medio costante del 3.2% dal 1950 ad oggi: nello stesso periodo la crescita della popolazione è stata in media dell’1.6% annuo. Ogni essere umano consuma su base annua in media 19.2 kg di pesce: tale valore è in continua crescita e si prevede che il trend continui. Un dato molto importante mette in relazione l’evoluzione della cattura di pesce con l’acquacoltura: la prima ha raggiunto un livello stabile di circa 92 milioni di tonnellate all’anno a partire già dal 1995, mantenendolo fino ad oggi, mentre la seconda mostra un valore annuo medio di crescita pari all’8.3%. Potendo contare sia su allevamenti in mare che in acque interne, l’acquacoltura è responsabile della crescita dell’intero settore, con una produzione di 67 milioni di tonnellate nel 2012. Di tale valore, una notevolissima quota del 62% è legata alla produzione cinese. Il valore globale dell’esportazione di pesce ha raggiunto nel 2012 il volume di 58 milioni di tonnellate e un picco di valore pari a 130 miliardi di dollari, picco destinato a crescere ulteriormente in futuro. 

LA CINA, PRIMO CONSUMATORE MONDIALE PESCE
A trainare il mercato globale è stata la Cina, che oltre a rivestire un ruolo primario nella produzione, ha raggiunto il terzo posto dopo USA e Giappone per volume di importazione. Questo duplice ruolo è in parte legato a lavorazione e conservazione del pesce fresco (la Cina importa un rilevante quantitativo di pesce per processarlo ed esportarlo sotto forma di prodotto conservato) e in parte a un sostenuto incremento del consumo pro-capite. Con 47 miliardi di dollari e il 36% della quota sull’importazione globale di pescato, l’Europa rappresenta il primo mercato a livello globale Sintesi sugli aspetti italiani del contributo dell’economia del mare all’alimentazione (curati dal Censis).  Pur in uno scenario economico fortemente globalizzato e interconnesso, i flussi internazionali di merci che coinvolgono l’Italia sono in netta flessione; il settore dei trasporti, tuttavia, al suo interno ha reagito in maniera differenziata alla generale contrazione degli scambi. 

IL VIA MARE SUPERSTAR, SPECIE NELL'EXPORT DI PRODOTTI AGRICOLI
Oggi i traffici marittimi si attestano all’86,9%dei valori del 2008, mentre quelli stradali si fermano al 67,3%. In Italia sono circa 500 milioni le tonnellate movimentate nei porti marittimi. Il ruolo del mare e il suo effettivo contributo al trasporto delle merci, tuttavia, si amplificano se in luogo della tonnellata si utilizza come unità di misura la tonnellata-chilometro, che oltre a definire il peso delle merci trasportate ne considera le distanze percorse. In base ai dati strutturali forniti dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,il trasporto marittimo di cabotaggio mostra un traffico pari a 47,4 miliardi di tonnellate-km di merci movimentate nel 2013, a fronte dei 102,6 miliardi riferiti all’autotrasporto. Il rapporto tra gomma e mare nel trasporto delle merci si è andato progressivamente riequilibrando nel corso degli ultimi anni: rispetto al 2008, infatti, la quota di traffici detenuta dal trasporto stradale si è ridotta di 5,7 punti percentuali a vantaggio delle navi (+4,5 punti), che oggi movimentano quasi il 30% delle merci totali (29,1%). Il ruolo del mare risulta ancora più significativo se ci si focalizza sul trasporto dei prodotti agricoli e alimentari. Sono in particolare i flussi di prodotti agricoli e alimentari diretti all’estero a confermarsi vitali, con circa 22,5 milioni di tonnellate di merci assorbite lo scorso anno che hanno fruttato 34,3 miliardi di euro. Dai prodotti agricoli e alimentari discende, dunque, una peculiare quanto consistente domanda di trasporto, che per ampi tratti è soddisfatta dagli operatori del mare, tra i quali gli armatori italiani svolgono un ruolo di primo piano a livello mondiale, con le 264 navi da carico (e oltre 8,2 milioni di stazza lorda) utilizzabili per il trasporto di derrate agricole e alimentari, tra portacontainer, portarinfuse, traghetti per trasporti ro-ro e navi-cisterna. Il trasporto di prodotti agricoli e alimentari attraverso i porti italiani ammonta nel 2013 a 26,2 milioni di tonnellate, corrispondenti a circa il 7% del totale delle merci movimentate. Tale quota, tuttavia, sale fino al 13,1% (a fronte del 18,7% di quelle che si muovono su strada e di appena il 7,7% su ferro) se si escludono dal computo i carboni fossili, il greggio, i prodotti petroliferi raffinati e il gas naturale, per i quali i trasporti marittimi evidenziano una vera e propria specializzazione. Peraltro, i prodotti agricoli e alimentari rappresentano per i traffici delle merci via mare una quota ben superiore anche a settori trainanti della manifattura italiana o che rappresentano una voce importante dei consumi, come la meccanica (5,1%), la chimica (6%) e il tessile (7,4%). Ad oggi, sono sempre più i traffici marittimi internazionali a rappresentare la parte preponderante per i flussi di derrate alimentari (72%), movimentando complessivamente 18,9 milioni di tonnellate di cibo a fronte di 7,3 milioni di tonnellate che da porti italiani si imbarcano verso altri porti del Paese. 

PORTI ITALIANI, RAVENNA LEADER DELL'AGRIFOOD
Il sistema portuale italiano presenta numeri importanti riferiti al comparto agrifood: nel 2013 sono state quasi 33,6 milioni le tonnellate di derrate alimentari transitate attraverso i nostri porti, corrispondenti al 7,3% del totale delle merci imbarcate e sbarcate, e provenienti sia da porti italiani che esteri. Quattro sono i porti di riferimento in Italia per questo mercato: • Ravenna, che con quasi 3,5 milioni di tonnellate movimentate è l’hub incontrastato dell’agrifood, • Livorno (2,8 milioni) • Venezia (2,5 milioni) • Gioia Tauro (2,4 milioni). Questi quatto scali collezionano circa un terzo (il 33,2%) delle derrate alimentari transitate nei porti italiani, mentre se si guarda ai soli trasporti internazionali la quota sale al 44,3%. Gli scali a forte vocazione agroalimentare sono i porti di Chioggia, Bari e Ancona: si va da un milione di tonnellate di Chioggia a 1,3 milioni ad Ancona fino a 1,4 milioni nel porto di Bari. In questi porti il traffico di prodotti agricoli e alimentari rappresenta una quota sul totale delle merci ben più rilevante e che varia tra il 43,4% al porto di Chioggia, il 41,6% in quello di Bari e il 32,5% ad Ancona. Nel corso degli anni è stata rilevante l’attenzione riposta su policy in grado di trasferire su nave una quota delle merci trasportate su gomma, attraverso lo sviluppo di traffici multimodali (strada-mare) in luogo del tutto-strada. L’importanza del trasporto marittimo si coglie immediatamente considerando che se si dovessero spostare su gomma i prodotti agroalimentari trasportati in cabotaggio nazionale (7,35 milioni di tonnellate nel 2013) occorrerebbero 5.236 TIR, sostanzialmente una colonna di mezzi pari alla distanza che separa Bologna da Parma (98 km). Al vertiginoso incremento del traffico corrisponderebbe un sensibile incremento annuo del numero di incidenti: sarebbero 297 i veicoli coinvolti negli incidenti aggiuntivi, che causerebbero la morte di 3 persone e il ferimento di altre 118, con un costo sociale quantificabile in circa 9,6 milioni di euro annui. 

ITALIA, IMPORT IN AUMENTO 
Vi è, infine, anche una dimensione ambientale da prendere in considerazione, che stima in 1,2 le tonnellate aggiuntive di CO2 immesse nell’atmosfera se, al posto delle navi, i trasporti di derrate alimentari oggi svolti in navigazione di cabotaggio venissero effettuati da autocarri. Sotto il profilo della pesca, l’Italia occupa in quantità solo la sesta posizione continentale in termini di produzione di pesce, con 363 mila tonnellate (il 6,2% del totale) ed è scesa di svariati punti percentuali dal 2008 (-5,7%). Su di essa ha impattato soprattutto la netta contrazione delle catture (-15%), mentre di segno opposto è il trend dell’acquacoltura (+9,1%), che oggi sfiora il 45% del prodotto,con quasi 163mila tonnellate, a fronte delle circa 200mila di pescato. Questi stock di produzione ittica sono peraltro realizzati per la gran parte da una flotta in lento ma progressivo ridimensionamento. A fronte del calo sostanziale della flotta peschereccia e di quello contestuale della produzione, il mercato ittico italiano ricorre sempre più ampiamente ad approvvigionamenti dall’estero per far fronte alla domanda crescente delle imprese alimentari e dei consumatori finali. Peraltro, quello ittico è un prodotto sempre più differenziato, a seconda non soltanto della tipologia di prodotto, ma anche delle aree di produzione e delle tecniche di allevamento o cattura, e crea oggi spazi crescenti di attività ai vari livelli della filiera - dalla produzione al trasporto, dalla distribuzione alla ristorazione - e per le varie gamme di prodotto. L’Italia in questo ambito offre delle interessanti opportunità agli operatori, come dimostra la sua presenza tra i principali importatori di pesce al mondo, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di dollari.
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