28/04/2016

Nuovo Codice doganale europeo, si volta pagina?

Ormai si è agli sgoccioli: dopo più di tre anni di travaglio, a decorrere dal 1 maggio 2016 inizierà a produrre i suoi - tanto attesi - effetti il regolamento UE 952/2013 contenente il nuovo Codice doganale europeo. Da tale momento anche il settore doganale europeo (sono tutti e 28 gli stati membri - facenti parte dell’unione doganale - destinatari del nuovo codice) godrà finalmente di una disciplina normativa uniforme, chiara e razionalizzata, che pretende di riportare al passo coi tempi le anguste procedure doganali nell’ambito del mercato unico europeo. 


Cosa succede dopo il 1 maggio 2016? 
Ai lettori ora verrà spontaneo pensare “fin qui tutto bene". Questa attesissima tappa, invero, non è che il primissimo step evolutivo di un realignment che si protrarrà almeno fino al 2020. Cosa succede dopo il 1 maggio 2016? Facciamo un po’ di chiarezza. Il nuovissimo Codice europeo, sotto certi aspetti, assomiglia un po’ alla nostra tanto discussa, ma tanto invidiata Costituzione: volendone semplificare al massimo il contenuto, esso prevede da una parte una razionalizzazione e sistemazione più organica degli istituti della materia, dall’altra una modernizzazione a 360° delle procedure doganali. Ora, è proprio da questo obiettivo di modernizzazione che si coglie il carattere programmatico della normativa: la Commissione Europea ha acquisito un nuovo potere, (ossia la potestà normativa secondaria), che traslato in questo settore la investe del dovere di adottare norme attuative specifiche per dare effettività ai precetti contenuti nel nuovo Codice. 


Uniformità normativa difficile da raggiungere
Muovendo da questa premessa, risulta chiaro che il quadro di applicazione effettiva dei precetti contenuti nel codice rischia di essere tutt’altro che uniforme: è facile intuire che, fintanto che vi sarà questa finestra strategica (ossia fino al 2020), in cui la Commissione sarà tempestata di proposte provenienti da associazioni di categoria dei vari stati membri, le singole normative nazionali possono alterare il flusso di alcune merci e danneggiare alcuni paesi a scapito di altri. Inutile dire che sia imperativo, nel nostro Bel Paese, interpretare questa finestra di incertezza come un’opportunità da cui ricavare il massimo vantaggio possibile. 


Carpe diem "doganale"
Carpe diem, e fin da subito: in Italia il numero delle operazioni doganali si aggira intorno ai 17 milioni, in confronto ai 60-70 milioni di Olanda e Germania. Alla luce di tutto ciò, rimangono 4 anni per muoversi in una duplice direzione: in primis è di vitale importanza che le associazioni di categoria Italiane si muovano in maniera compatta, in ottica di sistema, proponendo alla Commissione progetti, suggerimenti che siano portatrici di interessi collettivi di tutti gli operatori del settore della logistica e dei trasporti: è inutile ma soprattutto deleterio mettersi i bastoni fra le ruote in casa propria. In secundis sarebbe, finalmente, il pretesto adatto a revisionare tutte quelle disposizioni nazionali che ancora ostano alla competitività italiana nei confronti di altri, senz’altro più dinamici, Paesi europei. Si pensi all’articolo 303 T.U.L.D., ai sensi del quale, per i poveri operatori doganali, non opera il principio della buona fede: oltre ad essere palesemente vessatorio, prevede sanzioni pecuniarie superiori al reato di contrabbando nel caso di semplici errori dichiarativi. 


di Stefano Morelli 
Presidente della commissione Dogane di Assologistica
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