18/09/2017

Mancata adozione del modello di organizzazione e gestione D.lgs 231. Quali le responsabilità?

I rischi connessi alla mancata adozione di un modello di organizzazione e gestione ai sensi del D.lgs 231/01 non sono sopportati esclusivamente dalla società sprovvista di tale cautela (oppure che, nonostante sia dotata formalmente un modello, non lo abbia attuato efficacemente e calato nella realtà aziendale), ma anche dai vertici stessi dell’ente. 


Da un lato, difatti, la società priva del modello ex D.lgs 231/01 potrà essere chiamata a rispondere delle sanzioni previste dagli artt. 9 e seguenti del sopracitato decreto: sanzione pecuniaria commisurata in quote (che tengono conto, quanto al numero, della gravità del fatto commesso, del grado di responsabilità dell’ente e delle condotte riparatorie, quanto all’importo, delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, ai fini di assicurare una sanzione efficace), da un minimo di euro 25.800,00 a un massimo di euro 1.549.000,00 (artt.10 e 11); sanzioni interdittive (artt.13 e ss.), quali l’interdizione all’esercizio dell’attività, la sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (salvo che per ottenere prestazioni di pubblico servizio), l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi (o la revoca di quelli già concessi) e il divieto di pubblicizzare beni o servizi; la confisca obbligatoria e sempre disposta del prezzo o profitto del reato, anche per equivalente (art.19) e la pubblicazione della sentenza di condanna della società (art.18) con la riconnessa pubblicità negativa che ne deriva. 


Come anticipato, d’altro canto, i rischi connessi alla mancata adozione del modello non sono esclusivamente a carico dell’ente. Il Tribunale di Milano, sez. VIII Civile, con sentenza n.1774 del 13 febbraio 2008, ha, in effetti, introdotto un importantissimo principio di responsabilità dell’amministratore in punto adozione (o meglio, mancata adozione) del modello di organizzazione e gestione ai sensi del D.lgs 231/01. Secondo i giudici milanesi, difatti, il Presidente del C.d.A. e l’Amministratore Delegato debbono essere ritenuti responsabili e condannati a risarcire la società per i danni “da quest'ultima subiti in connessione con l'omessa adozione di un adeguato modello organizzativo". I vertici aziendali, pertanto, dovranno rispondere civilmente e personalmente, in caso di responsabilità da reato accertata a carico della società, proprio per non aver schermato la stessa mediante l’adozione e l’efficace attuazione del modello 231: “per quanto attiene all'omessa adozione di un adeguato modello organizzativo - si legge nella sopracitata sentenza -, da un lato, il danno appare incontestabile in ragione dell'esborso per la concordata sanzione e, dall'altro, risulta altrettanto incontestabile il concorso di responsabilità di (…) Amministratore Delegato e Presidente del C.d.A., che aveva(no) il dovere di attivare tale organo, rimasto inerte al riguardo". I vertici aziendali, nel caso di specie Amministratore Delegato e Presidente dell’organo di vertice della società, sono quindi specificatamente investiti del dovere di attivare il consiglio di amministrazione perché provveda ad adottare e attuare il modello di organizzazione e gestione, al fine di prevenire la responsabilità da reato dell’ente.

 

avv. Lorenzo Nicolò Meazza

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