10/06/2025

Congestion Fee: dal 3 giugno in vigore anche a Marghera, Vado Ligure e Livorno

Dopo Genova e La Spezia, la “congestion fee” — un contributo economico volto a compensare i costi indiretti legati ai ritardi e alle criticità operative nei porti — verrà applicata anche a Marghera (dal 3 giugno), Vado Ligure (dal 16 giugno) e Livorno (dal 1° luglio). L’annuncio è stato formalizzato attraverso tre comunicazioni indirizzate alle rispettive Autorità di sistema portuale e alla committenza. A firmarle sono state, con diverse combinazioni, le principali associazioni dell’autotrasporto:
Marghera: FAI, CNA Fita e Confartigianato Trasporti
Livorno: Anita, Assotir, CNA Fita, Confartigianato, FAI e Trasportounito
Vado Ligure: Aliai, Anita, CNA Fita, Confartigianato Trasporti, FAI, Fiap, Legacoop e Trasportounito

 

Una misura inevitabile?
Il messaggio è unanime: le criticità nei porti non sono più sostenibili da parte dell’autotrasporto. Si parla di “permanere delle ordinarie gravi criticità nello svolgimento dei cicli operativi camionistici”; “frequenti rallentamenti, attese e congestioni”; “notevoli problematiche in ordine alla sicurezza e alla mancanza di servizi di base ai conducenti”; “perdita economica generata dai disservizi oggi sostenuta solo dall’autotrasporto”.
L’obiettivo della “congestion fee” è chiaro: redistribuire i costi generati dalle inefficienze portuali sull’intera filiera logistica, e non solo sui vettori stradali.

 

Ma perché nasce la congestion fee?
La congestion fee non è una penalità, ma una misura economica di riequilibrio. Nei principali scali italiani gli autotrasportatori affrontano code sistematiche per carico/scarico, tempi d’attesa non retribuiti, servizi minimi assenti (toilette, ristoro, aree di sosta sicure) e costi aggiuntivi per il mancato rispetto delle tempistiche operative. In questo contesto, il contributo richiesto serve a compensare i ritardi subiti, condividere i costi tra tutti gli attori della supply chain, sollecitare interventi strutturali per migliorare l’efficienza dei porti.

 

Quali scenari futuri?
L’estensione della congestion fee potrebbe accelerare l’adozione di soluzioni digitali per gestire i flussi nei porti (booking slot, gate appointment), spingere verso investimenti in infrastrutture (terminal, aree attrezzate per i conducenti) e favorire un dialogo più equo tra committenza, terminalisti, autorità e trasportatori. La congestione portuale non è solo un tema logistico, ma un problema di sistema, che impatta l’intera economia. La congestione fee, per quanto contestata, potrebbe rappresentare un catalizzatore per il cambiamento.

Fino a oggi, i disservizi nei porti (ritardi, code, attese) sono stati a carico quasi esclusivo degli autotrasportatori: perdita di ore lavorative, incremento dei costi operativi, mancati guadagni. La congestion fee introduce un principio diverso: chi trae vantaggio dalla movimentazione delle merci — terminalisti, spedizionieri, caricatori — deve farsi carico anche dei costi generati dalle inefficienze.

In diversi Paesi europei, meccanismi di “charging” legati all’uso delle infrastrutture o alla congestione sono già prassi consolidata. L’Italia si sta lentamente allineando a un contesto in cui l’efficienza logistica è un vantaggio competitivo nazionale e la sostenibilità economica e operativa viene perseguita lungo tutta la filiera, non solo a valle. Insomma la congestion fee può essere un cambiamento se non è solo una voce in fattura, ma innesca una riflessione sulla qualità dei servizi portuali e spinge verso soluzioni condivise, sostenibili e misurabili.

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