18/03/2013

Intermobility, pregi e difetti di un progetto impegnativo

Lo scorso il raggruppamento GS1 Italy/UNICOD ECR, emanazione strategica del Centro Marca, ha presentato a Milano il progetto “Intermodability". Scopo del progetto è di evidenziare e dimostrare le concrete possibilità esistenti per la grande distribuzione di un utilizzo più massiccio del trasporto combinato strada-rotaia. Il tutto al fine di collegare più razionalmente centri di raccolta delle merci e luoghi di destino per la distribuzione in un contesto più rispettoso dell’ ambiente anche per rispondere ai crescenti dettami dell’ UE verso i Paesi membri per un utilizzo più consono del vettore ferroviario con traguardi del 30% del totale trasportato su terra entro il 2030 e il 50 % entro il 2050. Nel seminario si sono alternate relazioni di manager di grandi aziende, di professori universitari incaricati della ricerca, nonché le conclusioni dei responsabili del committente. Ho partecipato al seminario con grande interesse considerata la materia e la mia esperienza più che trentennale nel settore. In proposito ritengo opportuno evidenziare una serie di considerazioni. Lo studio e la relativa presentazione sono documenti molto corposi nei confronti dei quali corre obbligo riconoscere l'impegno e la serietà con cui sono stati elaborati. Le motivazioni che stanno alla base del lavoro sono certamente condivisibili. In particolare i concetti di approccio strategico, necessità di fare sistema per aumentare i volumi dell’ intermodalità, necessità di andare verso obiettivi green che spingono ad indagare le potenzialità anche in presenza di tariffe non incoraggianti. Notevolmente interessanti le testimonianze di Carrefour e di P&G sull’attuale impiego dell’ intermodalità, anche se P&G ha evidenziato che il loro utilizzo del trasporto combinato in Italia è del tutto marginale, al contrario di quanto avviene nel resto d’Europa. Altrettanto interessante è stata la presentazione del documento europeo TINA (Trains Intermodality, a New Approach) che indica gli obiettivi da perseguire entro il 2020 (meno del 50% delle ton-km via strada dal 2020). Documento che contempla alcuni importanti corridoi infraeuropei fra cui quello da Rotterdam al Sud Italia per terminare in Grecia. Lascia invece perplessi il concetto di realizzazione della "metropolitana delle merci" con l’eventuale utilizzo del nuovo sistema Metrocargo. Chi scrive ha avuto la possibilità di visionare e constatare il fallimento nell’ arco di vent’anni tutti i tentativi fatti per sistemi di carico/scarico di UTI a movimentazione orizzontale al posto del classico sistema verticale con gru. Le motivazioni addotte per adottare questi sistemi (possibilità di movimentazione sotto catenaria, eliminazione di manovre, possibilità di più fermate nel ciclo di trasporto da punto A a punto B, ecc.) nel concreto non hanno mai trovato applicazione -se non la fase sperimentale attualmente in esercizio a Vado Ligure per i soli container- poiché le apparecchiature per il carico, scarico delle UTI sono piuttosto costose e sofisticate e debbono essere posizionate per essere efficienti in scali ferroviari lungo la linea. Questa situazione, a mio giudizio, è difficilmente realizzabile in quanto in Italia non esistono praticamente terminal intermodali posizionati immediatamente a ridosso delle linee ferroviarie, ma al minimo obbligherebbero a una deviazione del percorso per entrare nel terminal. L’alternativa sarebbe di realizzare gli impianti in scali dismessi per i quali occorrerebbe verificare attentamente le possibilità operative, nonché le condizioni viarie per i veicoli stradali utilizzati per l’effettuazione dell’ultimo miglio. Infine anche se vi fosse qualche relazione adattabile a queste tecniche (lo studio indica un percorso Lombardia-Napoli con fermate intermedie a Bologna e Roma) appare logico chiedersi: di quanto si dilaterebbe il transit time dal punto A origine del treno al punto B termine del viaggio rispetto a una soluzione non stop? Potrebbero merci ricche come quelle della grande distribuzione accettare significative dilatazioni nei tempi di consegna? La parte finale dello studio, anche se realizzata con grande professionalità, arriva a proiezioni teoriche di fattibilità che individuano in distanze troppo risicate per la tratta ferroviaria il break even point. Poiché lo studio è fondamentalmente indirizzato ad un’analisi della realtà del traffico nazionale italiano, sarebbe stata interessante una disamina fra concetti teorici di proiezione per il futuro e la realtà attuale anche tramite un confronto con le tariffe oggi praticate dell’autotrasporto che di fatto non consentono al trasporto combinato nazionale di essere concorrenziale per tratte al di sotto dei 650 chilometri. A questo sarebbe stato interesante aggiungere una disamina di quante trazioni il veicolo stradale di presa o consegna debba fare nell’arco della giornata per rendere il servizio concorrenziale anche in funzione della percorrenza totale. Infine per il futuro sarebbe auspicabile un'implementazione dello studio con una comparazione con la realtà tedesca, anche ai fini di indicare al prossimo Governo azioni concrete da attivare per avere in Italia un’intermodalità più consona e non lasciare alla politica utilitaristica e miope del Gruppo FS la definizione delle regole e dei parametri di riferimento.
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